La Stampa 5.9.17
Spese personali a carico dello Stato
Sara Netanyahu verso l’incriminazione
La decisione entro dieci giorni. Bufera sul premier israeliano
di Giordano Stabile
Un
«complotto della servitù» degno della serie televisiva Downtown Abbey.
Sara Netanyahu vede così l’inchiesta nata dalle accuse dell’ex guardia
del corpo e manager Meni Naftali, capo del personale nella residenza del
premier in via Balfour a Gerusalemme. Ma quelle accuse di «spese pazze»
e capricci che sarebbero costati all’erario almeno 400 mila shekel,
quasi centomila euro, la stanno portando dritta in tribunale e rischiano
di compromettere la tenuta del governo del marito Benjamin, sulla
cresta dell’onda dal 1996.
Da giorni i media israeliani riportano
indiscrezioni fatte filtrare da ambienti giudiziari. L’incriminazione da
parte del procuratore generale Avichai Mandelblit è questione di «dieci
giorni», al massimo «qualche settimana». I capi di accusa riguardano
soprattutto le cene di lusso private, confezionate da chef, e proibite
dal regolamento della residenza. La first lady, cinquantotto anni, è
anche sospettata di aver mentito durante gli interrogatori con la
polizia, proprio per nascondere le «spese pazze» e addossarle al
«maggiordomo» Naftali.
Sono state le rivelazioni di Naftali, dopo
il suo burrascoso licenziamento, ad aprire il caso. L’uomo, sefardita di
origini marocchine, è diventato un personaggio, quasi un leader
dell’opposizione. Ha chiamato la gente in piazza a protestare e sfidato
il premier a un dibattito in tv. I Netanyahu hanno risposto accusandolo
di essersi inventato tutto, di essere stato lui a «rubare il cibo» e ad
addossare il conto sul bilancio della residenza del premier.
Bizze e offese
Ma
il duello era cominciato prima, durante i 20 mesi passati da Naftali a
servizio di Sara Netanyahu, dal 2010 al 2012. I «capricci» della first
lady, nel suo racconto, lo avrebbero portato all’esasperazione,
culminata quando Sara rispedì al ristorante una cena a base di cibo
marocchino, «troppo abbondante e grasso», non adatto «a noi europei»,
cioè israeliani di origine ashkenazita. Ma Naftali non sarebbe stato
l’unica vittima delle bizze della padrona di casa, e avrebbe visto ben
«29 dipendenti lasciare il posto», pur molto ben pagato e ambito, perché
non la reggevano.
Questo ritratto da zarina capricciosa non è mai
andato giù a Sara, che oltre alla «servitù» ha accusato i media di
essersi inventati gli aneddoti più succosi. Per dimostrarlo si è
sottoposta al test della macchina della verità. I risultati sono stati
pubblicati due giorni fa e dimostrerebbero che almeno per un capo di
accusa la first lady avrebbe detto il vero.
Sotto assedio
Netanyahu
ha navigato negli ultimi vent’anni in tempeste ben più grandi ma ha
capito di avere il fianco scoperto. E ha lanciato una controffensiva a
tutto campo, sui media, nei comizi. Ha ribattuto punto su punto,
sottolineato che le accuse riguardano, in fondo, minuzie: «Stanno
indagando sui più importanti problemi del mondo – ha spiegato con
sarcasmo - come si sostituisce una lampadina, i vassoi di cibo, la tazza
di tè che Sara ha servito a suo padre sul letto di morte».
L’opinione
pubblica israeliana è però molto sensibile alle questioni etiche, in
particolare se vengono coinvolti politici e sprecato denaro pubblico.
L’entourage di Netanyahu è al centro di indagini su presunte mazzette
per l’acquisto di sommergibili dalla Germania e pressioni sui media. Con
l’incriminazione della moglie Sara l’assedio diventerebbe sempre più
stretto.