La Stampa 5.9.17
Slitta il faccia a faccia decisivo
Pisapia e Bersani più lontani
L’ex sindaco: costruiamo una sinistra di governo, non di testimonianza
di Fabio Martini
Giuliano
Pisapia, che da mesi sta provando ad unire la sinistra che non sta con
Renzi, fatica a separarsi dalla sua natura di «borghese gentiluomo»,
riluttante a sporcarsi le mani: davanti alle crescenti difficoltà che
contrastano il progetto, l’ex sindaco di Milano ha deciso ieri di
prendersi altro tempo. Anziché incontrarsi (come ventilato) nelle
prossime ore con Pier Luigi Bersani, leader di Mdp, Pisapia si
confronterà oggi a Roma e domani a Milano con le personalità a lui più
vicine - Laura Boldrini, Bruno Tabacci, Ciccio Ferrara, Franco Monaco, i
milanesi. Dopodiché, con questa andatura al «ralenti», nella prossima
settimana finalmente Pisapia si vedrà con Bersani, il personaggio col
quale finora ha fatto (faticosamente) sponda per «tenere» il progetto
del nuovo partito della sinistra su un profilo riformista. In quella
occasione i due valuteranno se e come far avanzare un progetto che -
questa è la novità - per il momento si è arenato.
La road map
decisa a metà luglio da Campo progressista di Pisapia e da Mdp di
Bersani-D’Alema e che prevedeva un’Assemblea costituente ad ottobre, è
saltata. I due spezzoni sono andati ognuno per conto proprio. Mdp ha
deciso di appoggiare Claudio Fava nelle Regionali siciliane senza
interpellare Pisapia, il quale a sua volta non si è fatto vivo. Una
difficoltà di comunicazione subito cavalcata da Fava, che prima ha
ironizzato su Pisapia («Un leader non evapora...») e poi ha deciso di
far partire la sua campagna elettorale in Sicilia a fianco di Massimo
D’Alema, un altro che non nasconde la propria ostilità a Pisapia.
E
ancora: se Mdp ha indetto una festa nazionale Napoli, Pisapia ha
intenzione di convocare le sue «Officine» a Milano, in un incontro
nazionale fissato per il 15 settembre. E l’ultimo giorno di settembre si
terrà a Camaldoli, luogo simbolico per il cattolicesimo italiano, un
incontro non promosso da Pisapia, ma che lo vedrà protagonista, al
fianco di storici ed esponenti del mondo cattolico vicini al Papa e di
due personaggi che si richiamano alla sinistra Dc e alla stagione
dell’Ulivo, Bruno Tabacci e Franco Monaco.
In parole povere, dopo
il comizio fondativo di piazza Santi Apostoli del primo luglio, concluso
dai comizi di Pisapia e Bersani, da metà luglio è in atto una diaspora
che sembra destinata a fermarsi - o ad esplodere definitivamente -
proprio quando i due si incontreranno. Per decidere se e quale partito
costruire. Nelle intenzioni originarie di Pisapia c’era un partito che
avesse un profilo, lo ha spiegato ai suoi in queste ore, «di sinistra di
governo e non di testimonianza», elettoralmente alternativo al Pd di
Renzi, ma perché capace di fargli concorrenza sul suo stesso elettorato.
Nelle intenzioni dell’ex sindaco di Milano, un movimento che sia in
grado di parlare ad un elettorato vasto di centrosinistra e a
personalità come Romano Prodi ed Enrico Letta. Un profilo da sinistra
riformista, ecco un altro punto sul quale Pisapia non intende
transigere, che porti a pungolare il governo Gentiloni, «a rafforzarne
il profilo riformista ma non a farlo cadere, perché sarebbe un errore».
Ma
su questo punto, sotto traccia, la divisione è molto forte. Per Massimo
D’Alema la caduta del governo per il venir meno dei voti di Mdp avrebbe
una funzione «catartica», avrebbe il carattere di un atto fondativo e
di identità per il movimento alla sinistra del Pd. Pisapia, invece, si è
incontrato col ministro Andrea Orlando per chiedergli di concordare
alcune modifiche «qualificanti» alla legge di Stabilità. Ma prima degli
appuntamenti autunnali, c’è l’intoppo siciliano. Pisapia proverà ad
uscire dal cul-de-sac, proponendo al Pd di essere pronto a dare un
appoggio a Micari ma soltanto se Alfano resterà fuori dall’accordo. Ma
in Sicilia i giochi sembrano fatti.