La Stampa 3.9.17
Il suicidio assistito in Svizzera dell’ex ingegnere depresso
Inchiesta della procura di Como sul ruolo di un amico
di Fabio Poletti
M.B.,
62 anni, ingegnere, pensionato, era un meticoloso. Nella lettera fatta
arrivare lunedì scorso al Comune di Albavilla vicino a Como dove abitava
da 40 anni, avvisava dove si trovassero le chiavi di casa, dove fosse
il testamento, come avvertire la donna delle pulizie che oramai non era
più il caso che passasse. Indicava poi che avrebbe preferito essere
sepolto nella nuda terra e in quale cassetto trovare la foto per la
tomba. M.B a detta di tutti era un uomo gentile e dalle prime righe
della lettera, si capisce dotato anche di sarcasmo: «Carissimi, se
riceverete questa mia nota vuol dire che non ci sarò più (si dice così,
vero?) e che ho fatto il suicidio assistito in Svizzera. Chiedo perdono
per questo gesto. È stata una mia libera scelta».
Se non ci fosse
quell’accenno alla Svizzera sarebbe solo un’ultima lettera. Ma la
procura di Como ha aperto un’inchiesta perchè vuole capire meglio come
sia andata. Il giornale “La Provincia di Como” l’ha messa in prima
pagina. Perchè M.B. non era un malato terminale come i tanti italiani
che scelgono di andare oltre confine per ottenere un dignitoso aiuto a
morire. Era solo un uomo depresso. Molto depresso, come racconta un suo
caro amico al bar del paese, in questa giornata di pioggia che sembra
autunno e nella chiesa a fianco c’è giusto un funerale: «Aveva iniziato a
stare male tre anni fa, quando era morta sua madre alla quale era
legatissimo. Ma da quando due anni fa un tumore gli aveva tolto anche il
fratello non era più lui. Non aveva moglie. Non aveva figli. Si sarà
sentito solo. Gli sarà scoppiata la testa. Non aveva detto nulla delle
sue intenzioni».
Il dubbio
I magistrati vogliono essere
sicuri che M.B. abbia fatto tutto da solo. Lui nella lettera parla di un
amico al quale rivolgersi per tutte le incombenze. L’amico che era con
lui anche sabato di due settimane fa quando alla stazione di Chiasso
M.B. ha preso un biglietto per Zurigo. Sola andata. Sentito dai
carabinieri l’amico ha confermato di averlo accompagnato in auto, solo
fino alla stazione: «Non mi ha detto dove sarebbe andato. Pensavo a uno
dei suoi tanti consulti psichiatrici. Non mi aveva mai parlato
dell’intenzione di suicidarsi. Prima dell’estate mi aveva addirittura
chiesto se lo accompagnavo in Toscana da un suo cugino».
Il
procuratore capo di Como Nicola Piacente e il magistrato Valentina
Mondovì hanno aperto un’inchiesta contro ignoti per istigazione al
suicidio: «Abbiamo avviato una rogatoria con le autorità elvetiche per
sapere le modalità con cui è avvenuta la morte. Sappiamo che era
assistito da una struttura pubblica per un grave problema di
depressione. Abbiamo chiesto la cartella clinica, aspettiamo gli esami
tossicologici. Alla Svizzera abbiamo anche chiesto di conoscere la
normativa vigente in materia di suicidio assistito». L’articolo 115 del
codice penale elvetico punisce chi istiga o aiuta una persona a
suicidarsi. La pena detentiva è fino a 5 anni. Ma non c’è reato se «la
persona che desidera morire prende ed esprime liberamente la decisione
di suicidarsi» e se questa decisione è «ben ponderata e costante».
Nessun riferimento certi sulle patologie per cui è consentito il
suicidio assistito.
La perplessità
La sindaca di Albavilla,
Giuliana Castelnuovo, che ha ricevuto la lettera di M.B., anche se non
lo conosceva è perplessa: «Era un uomo gravemente depresso in cura nelle
nostre strutture da qualche anno. La depressione è curabile. Si fatica a
capire come la Svizzera aiuti a suicidarsi un malato non terminale.
Siamo oltre qualsiasi dibattito sul fine vita».
Deve esserci un
cavillo nel codice elvetico o nei regolamenti delle strutture sanitarie
svizzere, che M.B. deve avere scoperto quando ha iniziato a pianificare
la decisione di morire. Accantonando i soldi che gli sarebbero serviti
per pagare la struttura, circa 10 mila euro. Pagando pure il rientro
della sua salma, arrivata giovedì scorso al confine italiano,
accompagnata da un referto medico elvetico: «Morte avvenuta non per
cause naturali». Come aveva pianificato con gran cura l’ingegner M.B.,
che adesso aspetta di essere seppellito finalmente in pace.