La Stampa 27.9.17
Culto del Superuomo e finanziamenti oscuri
Alle radici del “miracolo azzurro” dell’AfD
Cosa si nasconde dietro il partito che fa tremare la Germania e Bruxelles
di Francesca Sforza
Azzurri
i cartelloni elettorali, azzurri i palchi dei comizi, azzurre le
bandiere, azzurro «il miracolo», come dicono fra loro i sostenitori di
Alternative für Deutschland, il partito di estrema destra che vuole
cambiare il volto politico della Germania. La scelta del colore è
avvenuta molto tempo fa, quando ancora il movimento non aveva la forma
di un partito - fondato ufficialmente a Berlino nel 2013 - ma si muoveva
nel magma delle subculture di destra, tenute sempre a distanza dalla
pubblicistica mainstream. Tra i primi a utilizzarlo c’è stato Felix
Menzel, classe 1985, nato a Karl Marx Stadt, e fondatore nel 2003 della
rivista «Blaue Narzisse», il Narciso Azzurro. Inizialmente si trattava
di un foglio scolastico per i giovani di Chemnitz, angusta provincia
della Sassonia, ma in breve tempo si è ingrandito fino a diventare una
rivista prima cartacea, poi online, e oggi è considerato un punto di
riferimento nell’informazione più avanzata dell’AfD.
I temi?
Superomismo, Leitkultur - l’eterno dibattito delle destre sulla cultura
dominante - inferiorità dell’Islam, ma anche interventi su Nietzsche,
sull’animalismo o sulle guerre asimmetriche. Da ieri però la confusa
fumisteria di Narciso Azzurro si è concentrata sull’attualità politica, e
mostrando il suo volto tattico, ha dato la linea: «Il gesto di Frauke
Petry ha un lato positivo: l’AfD ha una dialettica interna come un vero
partito. Allo stesso tempo - e qui l’indicazione alla dirigenza si fa
più chiara - ci sono errori che vanno evitati: bisogna essere forti
sulle cose («in der Sache»), ma moderati nei toni».
Da oggi in poi
la grande politica, i grandi giornali, le cancellerie diplomatiche
dovranno spezzare l’embargo e parlare con loro, confrontarsi con i loro
temi, familiarizzare con nuovi volti e nuovi nomi. Già ieri a Berlino
molti hanno ordinato il nuovo numero del mensile «Compact. Il magazine
sulla sovranità» (40 mila copie destinate ad aumentare), che dedica la
sua copertina ad Alice Weidel, con il titolo «Der Blaue Wunder», il
miracolo azzurro, e lo correda con un dossier su Steve Bannon («Il Trump
migliore?»). Volker Weiss, autore di un libro uscito nel marzo scorso
«La rivolta autoritaria. Nuove destre e tramonto dell’Occidente», è uno
dei massimi esperti di estremismo tedesco: «Da anni lavorano a una
battaglia culturale, che si incardina sull’orientamento del nazionalismo
radicale di Weimar, e ha i suoi antenati in Carl Schmitt, Oswald
Spengler e Ernst Jünger, con qualche influenza della Nouvelle Droite
francese - spiega -. Oggi hanno spazi e luoghi ben precisi, penso a
riviste come “Tumult” o a istituzioni come “l’Istituto per la politica
di Stato” di Schnellroda e la “Biblioteca del Conservatorismo” a
Berlino».
Tra gli elettori dell’Afd il 7 per cento ha una
specializzazione post laurea, l’11 per cento è laureato, mente il 31 per
cento è composto da diplomati. La maggioranza degli elettori è compresa
tra i 30 e i 44 anni; sbaglia quindi chi immagina le loro file piene di
anziani poco acculturati. Tra i dati meno «azzurri» la presenza delle
donne, che in Parlamento saranno solo 11 (su 94) e che, fatta eccezione
per figure da proscenio come Petry e Weide, sono poco numerose nei
ranghi politici e intellettuali dell’Afd.
Ma chi c’è dietro le
camice azzurre e la costosa campagna elettorale condotta a tappeto su
tutto il territorio della Bundesrepublik? Lobbycontrol, un’associazione
berlinese impegnata sul tema della trasparenza, ha recentemente tentato
di ricostruire il flusso di denaro che arriva regolarmente nelle casse
di due associazioni civiche - la Goal Ag e la «Società a Sostegno della
Statalità di Destra e le Libertà dei cittadini» - che si occupano per
l’AfD di finanziare informazione online, incontri pubblici,
cartellonistica e pubblicistica, annunci su Google e altre piattaforme.
«I donatori sono anonimi - si legge nel dettagliato rapporto di
Lobbycontrolle - e risultano eluse le regole di trasparenza imposte
dalla legge sui partiti». Le due associazioni - che insieme hanno speso
qualcosa come 6 milioni di euro per questa campagna - hanno un indirizzo
di casella postale e modificano di continuo i contatti nominali di
riferimento. Il fondatore formale della Società - sempre secondo le
ricerche condotte da Lobbycontrol - è David Bendels, un ex membro della
Csu, che ne è anche il presidente, mentre della Goal AG si sa che lavora
per il partito popolare svizzero Svp e per altri partiti populisti in
Europa: «Resta tuttavia oscuro - si legge nel rapporto - chi siano i
donatori e i finanziatori della campagna elettorale dell’Afd». «Sappiamo
che hanno preso il 13 per cento - dice ancora Weiss - ma nessuno sa in
che modo le nuove destre si siano davvero istituzionalizzate, quali
siano i loro reali obiettivi, e in che modo la società ne verrà
influenzata».