La Stampa 1.9.17
Los Angeles cancella il Columbus Day
Il Consiglio comunale: basta festeggiare, l’esploratore ha provocato il genocidio dei nativi
Gli italo-americani: schiaffo in faccia
Dopo la distruzione e la lotta contro le statue sudiste, sotto accusa finisce un altro simbolo
di Francesco Semprini
La
caccia alle streghe continua. E dopo gli anti-eroi della
Confederazione, ora prende di mira i navigatori. Come Cristoforo
Colombo, reo di aver inaugurato il genocidio dei nativi d’America, e
pertanto meritevole di essere cancellato dalle parate celebrative dei
personaggi che hanno dato lustro alla storia degli Stati Uniti. Ne è
convinto il consiglio comunale di Los Angeles, che con un colpo di penna
ha cancellato dal calendario la parata che si tiene il secondo lunedì
di ottobre, il Columbus Day, per sostituirla con «la parata di indigeni,
aborigeni e popoli nativi».
A poco sono servite le rimostranze di
comunità, circoli o associazioni di italo-americani, il consiglio di
Los Angeles non ha sentito ragioni, e così mercoledì è giunta la
delibera «ammazza-Colombo»: «Celebrarne l’arrivo nel 1492 era un
oltraggio alle popolazioni indigene e alla storia degli Stati Uniti». E
pensare che gli italo-americani si erano persino detti disposti a
posticipare la parata a un giorno diverso. Ipotesi inaccettabile per
Chrissie Castro, vice presidente della commissione dei nativi americani
di Los Angeles: «Occorre smantellare le celebrazione di un genocidio
sponsorizzate dallo Stato. Celebrare oggi o un altro giorno sarebbe
un’ingiustizia».
Eppure il consigliere Joe Buscaino, un oriundo,
ha ricordato il pregiudizio e le discriminazioni di cui gli italiani
sono stati vittime durante la grande migrazione: «Tutte le culture hanno
importanza». Non proprio tutte, evidentemente, a parere della
maggioranza del comune di Los Angeles, che ha seguito l’esempio di
Seattle, Albuquerque e Denver, dove la parata del navigatore italiano è
stata sostituita con la «Indigenous Peoples Day».
Del resto il
clima da neomaccartysmo, inaugurato con la caccia al «confederato»
scatenata dopo Charlottesville, non poteva che agevolare scelte radicali
e indiscriminate. «Tutti dentro»: il generale Lee equestre o no, il
busto di Italo Balbo a Chicago e quindi Colombo. Anche la Farnesina ha
reagito dicendo che la scoperta dell’America resta patrimonio
dell’umanità nonostante ogni dibattito volto a rileggere oggi eventi di
tale grandezza.
Una pulizia che ha messo in difficoltà il sindaco
Bill De Blasio, il quale ha ordinato una revisione di statue o
manifestazioni a New York per individuare quelle meritevoli di
abbattimento: Philippe Pétain nel «Canyon of Heroes» o lo Scià di
Persia. L’imbarazzo lo ha però colto in contropiede, quando il primo
cittadino, che della sua italianità ha fatto vanto elettorale, si è
trovato davanti alla richiesta di una consigliera che chiedeva la
rimozione del monumento a Columbus Circle. E allora perché non si fa lo
stesso per Ulysses S. Grant (due statue a Brooklyn), che nella guerra
civile ordinò l’espulsione di cittadini ebrei da tre Stati.
O
Horatio Seymour (gigantografia a City Hall), che era solito dire «Questa
è la nazione dell’uomo bianco». O i generali «nordisti» William
Tecumseh Sherman, Oliver Otis Howard, Philip H. Sheridan, George Crook,
Nelson A. Miles, che finita la guerra civile iniziarono quella che portò
allo stermino e al confino degli indiani nelle riserve. Perché se
Colombo ha dato inizio al genocidio, sono stati gli «yankee» a portarlo a
compimento. E chissà, magari dopo anti-eroi e navigatori, sarà il turno
dei santi.