La Stampa 1.9.17
“L’estate dell’intolleranza è colpa dell’assenza di istituzioni e famiglie”
Il sociologo Ferrarotti: “Situazione da allarme Le nuove generazioni vivono senza regole”
intervista di Flavia Amabile
Franco
Ferrarotti è appena atterrato dagli Stati Uniti, ma ha già letto tutto
quello che è stato pubblicato sull’ennesima aggressione contro i
migranti in Italia. Professore emerito di Sociologia all’Università La
Sapienza di Roma, presidente onorario dell’Associazione Nazionale
Sociologi, a oltre novant’anni è ancora curioso e attento a tutto quello
che capita tra Italia e Stati Uniti. «E’ un episodio molto grave anche
se devo ammettere che negli Stati Uniti c’è un clima anche peggiore.
Purtroppo in Italia la società risente di molti fattori negativi che si
sommano creando l’intolleranza diffusa di questi ultimi tempi».
Quali sono questi fattori?
«Si
parte dalla libertà e dal garantismo che fanno sì che anche i minorenni
si sentano autorizzati a costituire le gang, che seguono regole del
tutto slegate da quelle della convivenza sociale. C’è un leader, ci sono
gli altri componenti del gruppo per i quali funziona l’effetto
emulazione. Negli Stati Uniti ormai è diventato letteratura ma anche in
Italia è un problema molto serio».
Secondo quanto appare dal
video, un ragazzo incitava l’altro a colpire. Il giovane richiedente
asilo ha cercato di non reagire agli insulti ma è stato comunque
spintonato, sollevato da terra e scaraventato al suolo.
«Il
garantismo si crea per effetto dell’assenza delle famiglie. I genitori
di quest’epoca lavorano entrambi, non hanno il tempo di occuparsi dei
figli, di educarli, di crescerli insegnando il rispetto delle regole».
Alla fine siamo sempre noi genitori a non fare abbastanza?
«Non
solo. Anche le scuole e i professori non hanno più quel ruolo che un
tempo permetteva di arginare il diffondersi di comportamenti del tutto
riprovevoli. Se le famiglie hanno il compito di formare i figli, le
scuole hanno quello di formare i cittadini ma gli insegnanti sono
persone sempre meno motivate e, quindi, incapaci di trasmettere a loro
volta motivazioni ai ragazzi. È un danno enorme per la società, i
ragazzi di oggi sono gli adulti di domani, avere una generazione che sta
crescendo priva di regole non può portare a nulla di buono. Ma c’è
un’altra componente sociale che non sta facendo quello che dovrebbe».
Quale?
«Il
lavoro dovrebbe creare il legame tra le famiglie e i cittadini ma il
lavoro non c’è. I giovani e i meno giovani sono in una situazione di
crescente difficoltà. Questo li rende più fragili e insicuri, dunque
meno capaci di affrontare quello che non conoscono e che percepiscono
come un pericolo».
Che cosa fare per combattere il diffondersi dell’intolleranza?
«Purtroppo
non esistono ricette pronte. Sono molto pessimista e chiedo scusa per
questo mio stato d’animo. Il fatto è che, mentre vedo che c’è
un’inversione di tendenza in Paesi come la Germania o l’Inghilterra, in
Italia l’intolleranza cresce, si diffonde tra persone di generazioni
diverse. Il governo, invece, di cantare vittoria sulla ripresa, dovrebbe
fare di più per combattere la crisi e per restituire motivazione agli
insegnanti che non si sentono tenuti nella giusta considerazione.
Bisognerebbe agire quindi sia sul fronte dei provvedimenti economici per
dare maggiore sicurezza agli italiani, sia sul fronte delle politiche
attuate in materia di istruzione a tutti i livelli. Basti pensare allo
sciopero in corso in questi giorni nelle università. È uno sciopero che
vuole difendere innanzitutto la dignità dei professori».