La Stampa 1.9.17
La confessione del Papa
«La psicanalisi mi
ha aiutato». Bergoglio all’età di 42 anni, per sei mesi ogni settimana,
ha incontrato un’analista ebrea. È il Pontefice a rivelarlo in un libro
in cui parla anche di matrimoni gay, laicità e immigrazione.
In un libro gli incontri di anni fa del futuro Papa con un’analista ebrea
di Leonardo Martinelli Andrea Tornielli
Padre
Jorge Mario Bergoglio, all’età di 42 anni, per sei mesi ogni settimana
ha incontrato una psicanalista. È lui stesso a rivelarlo in un libro di
prossima pubblicazione in Francia, che contiene la trascrizione di
dodici dialoghi con il sociologo Dominique Wolton (titolo: «Politique et
société», edizioni L’Observatoire).
Durante una delle interviste,
il Papa ha parlato del ruolo avuto da alcune donne nella sua esistenza.
«Quelle che ho conosciuto mi hanno aiutato molto quando ho avuto
bisogno di consultarmi». Poi si passa alla psicanalista.
«Ho
consultato una psicanalista ebrea - racconta Bergoglio al suo
interlocutore -. Per sei mesi sono andato a casa sua una volta alla
settimana per chiarire alcune cose. Lei è sempre rimasta al suo posto.
Poi un giorno, quando stava per morire, mi chiamò. Non per ricevere i
sacramenti, dato che era ebrea, ma per un dialogo spirituale. Era una
persona buona. Per sei mesi mi ha aiutato molto, quando avevo 42 anni».
L’esperienza raccontata da Francesco si colloca dunque tra il 1978 e
1979, gli anni della dittatura, quando aveva concluso la non facile
esperienza di provinciale dei gesuiti d’Argentina e stava iniziando
quella di rettore del Collegio Máximo, dove venivano formati gli
studenti che desideravano entrare nella Compagnia.
Chiesa e psicanalisi
All’inizio
la Chiesa ha denunciato il «pansessualismo», ma anche l’ambizione
«totalitaria» della psicanalisi. Ad aprire un primo spiraglio fu Pio XII
nel 1952, spiegando: «È inesatto sostenere che il metodo pansessuale di
una certa scuola di psicoanalisi sia parte indispensabile di ogni
psicoterapia degna di tal nome». Nel luglio 1961, con Giovanni XXIII, il
Sant’Uffizio proibì ai preti di praticare la psicanalisi e ai
seminaristi di sottoporvisi. Nell’enciclica «Sacerdotalis coelibatis»
del 1967 Paolo VI ammetteva la possibilità del ricorso «all’assistenza e
all’aiuto di un medico o di uno psicologo competenti» nei seminari e
nel 1973, durante un’udienza, affermava: «Abbiamo stima di questa ormai
celebre corrente di studi antropologici, sebbene noi non li troviamo
sempre coerenti fra loro, né sempre convalidati da esperienze
soddisfacenti e benefiche». Come dato curioso si può infine ricordare
«Habemus Papam», il film di Nanni Moretti, che racconta di un Pontefice
eletto che ricorre - seppur con poca convinzione - al consulto di una
psicanalista.
«In gabbia, ma libero»
Il Papa, nei dialoghi
con Wolton parla anche della sua vita di oggi. «Mi sento libero. Certo,
sono in una gabbia qui al Vaticano, ma non spiritualmente. Non mi fa
paura niente». Si scaglia contro quei «preti rigidi, che hanno paura di
comunicare. È una forma di fondamentalismo. Quando m’imbatto in una
persona rigida, soprattutto giovane, mi dico che è malato. Sono persone
che in realtà ricercano una loro sicurezza».
Inevitabile, poi, il
riferimento all’immigrazione. «La nostra è una teologia di migranti,
perché lo siamo tutti fin dall’appello di Abramo, con tutte le
migrazioni del popolo d’Israele. E lo stesso Gesù è stato un rifugiato,
un migrante. Esistenzialmente, attraverso la fede, siamo dei migranti.
La dignità umana implica necessariamente di essere in cammino». Si
rammarica del fatto che «l’Europa in questo momento ha paura. Chiude,
chiude, chiude...». Il Papa rigetta anche la nozione di «guerra giusta»,
che pure ha un fondamento nella tradizione della Chiesa e nella
legittima difesa dei popoli. Per Bergoglio, «la sola cosa giusta è la
pace».
La vera laicità
Francesco tocca anche il tema della
laicità. «Lo Stato laico è una cosa sana – dice -. Gesù l’ha detto:
bisogna dare a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di
Dio». Ma «credo che in certi Paesi, come la Francia, la laicità abbia
una colorazione ereditata dai Lumi davvero troppo forte, che costruisce
un immaginario collettivo in cui le religioni sono viste come una
sottocultura. Credo che la Francia dovrebbe «elevare un po’ il livello
della sua laicità». Sul dialogo con l’Islam, si dice ottimista e accenna
al suo rapporto con l’imam di Al-Azhar. Ma afferma anche che «i
musulmani non accettano il principio della reciprocità».
Quanto al
matrimonio gay, ritiene che «da sempre nell’umanità, non solo nella
Chiesa cattolica, il matrimonio è fra un uomo e una donna». Ma quelle
tra omosessuali accetta di chiamarle «unioni civili».
Le piace
essere chiamato «Papa dei poveri»? «No, perché è un’ideologizzazione».
«Io sono il Papa di tutti, dei ricchi e dei poveri. Dei poveri
peccatori, a cominciare da me». A Francesco piace il contatto fisico con
i fedeli. «La tenerezza - confida - è qualcosa che procura così tanta
pace».