lunedì 18 settembre 2017

La Stampa 18.9.17
L’etica della Repubblica nel caso Consip
di Vladimiro Zagrebelsky

L’indagine della Procura napoletana su possibili fatti di corruzione nella attività di Consip ha da tempo ormai rivelato gravi deviazioni da correttezza e capacità professionali, le quali sono state scoperte dallo scrupolo dei magistrati della Procura di Roma. Invenzione di interferenze dei servizi segreti, creazione di una prova a carico di un indagato (il padre dell’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi) con la alterazione del risultato di una intercettazione telefonica.
Ciò ad opera di personale del reparto dei Carabinieri incaricato dalla Procura di Napoli, senza che i magistrati delegati per la conduzione dell’indagine esercitassero il controllo di cui poi furono capaci i magistrati romani. Per vedere la estrema gravità dell’accaduto non c’è nemmeno bisogno di pensare ad un complotto politico per disarcionare il presidente del Consiglio, così dando ai protagonisti della vicenda la dignità politica dei golpisti. Le dichiarazioni della dirigente della Procura di Modena al Csm sull’atteggiamento degli ufficiali dei Carabinieri - che aveva ricevuto in una indagine collegata a quella napoletana - offrono una chiave di lettura più semplice, che basterebbe però per allarmare e chiedersi quale controllo abbiano esercitato i magistrati napoletani sugli ufficiali di polizia giudiziaria che avevano delegato per l’indagine. E interrogarsi sul senso della conferma della delega a quel reparto di Carabinieri anche quando la Procura di Roma l’aveva esautorato. Ogni ipotesi è ormai legittima: fiducia mantenuta, condivisione di metodi e risultati, stretta collaborazione non ostanti le deviazioni? C’è da augurarsi che chiarezza venga fatta e che nell’indagine penale e in quella aperta dal Csm non venga meno la obbligatoria lealtà tra deleganti e delegati e la regola per cui in ogni caso chi dirige è responsabile della condotta dei subordinati. La direzione dell’indagine spetta per legge ai magistrati della Procura della Repubblica, la responsabilità dell’accaduto anche.
L’episodio, per il contesto e i protagonisti, ha un evidente carattere politico e come tale viene discusso. Ma bisognerebbe anche cercare di capire come una simile vicenda sia potuta accadere e come le varie istituzioni siano coinvolte ed abbiano reagito. Purtroppo il quadro è negativo e, se non corretto, promette repliche nel futuro dando anche spazio a inquietudini per il passato. Ciò che è stato qui possibile potrebbe già essersi verificato altre volte. In ogni caso produce devastanti dubbi, lesivi della fiducia da cui dipende l’efficacia delle istituzioni. Ora divengono noti contrasti interni alla Procura della Repubblica di Napoli sulla conduzione di quell’indagine ed anche sui criteri seguiti per la sua assegnazione a questo o quel magistrato. Conflitti e violazioni di regole interne nei rapporti con i superiori sono emersi nell’ambito dell’Arma dei Carabinieri. La prima domanda che si pone riguarda la condotta dei responsabili dei vari uffici. Nelle Procure c’è un titolare dell’ufficio, responsabile della sua organizzazione. Visto quel che ora si viene a sapere c’è da chiedersi come sia stato possibile il mantenimento della designazione dei sostituti. Si può però capire: il fiancheggiamento di cui essi godevano da parte di organi di stampa avrebbe sollevato l’accusa di voler impedire l’emergere di verità scomode per il potere. È questo un ricatto cui i dirigenti degli uffici sono soggetti. Il risultato è di assegnare ai sostituti una posizione di potere insuperabile. Ma ciò è contro le norme che regolano il funzionamento delle Procure, che sono uffici unitari sotto la direzione del titolare: norme chiare anche se da molti anni svuotate da interpretazioni del Csm attente ai desideri dei (molti) sostituti piuttosto che alle prerogative dei (pochi) dirigenti. Altrettanto sconcertante è la mancanza di controlli e la esistenza di lotte e conflitti interne ad un corpo militare come i Carabinieri, cui non hanno fatto seguito in questo caso misure di cautela amministrativa. L’eco amplificato da parte della stampa, questa volta chiaramente orchestrato, aumenta il potere interno di chi dovrebbe agire sotto la direzione dei titolari degli uffici. Non si tratta qui di mettere in discussione la pubblicazione di notizie comunque di interesse pubblico da parte della stampa che le ottiene, ma di segnalare che il passaggio alla stampa di notizie riservate non è solo illegale; esso può stravolgere le posizioni di forza interne agli uffici, rendendoli ingovernabili.
Più volte si è avuta l’impressione di timidezze e di sottovalutazione dei doveri direttivi da parte di dirigenti di Procure della Repubblica. Talora tentativi di Procuratori di esercitare i loro poteri (e doveri) per correggere disfunzioni non sono stati sostenuti dal Consiglio superiore della magistratura. È ben chiaro che ogni potere discrezionale consente abusi, ma la attuale tendenza ad enfatizzare automatismi e a nascondere il potere sotto l’ipocrita etichetta dell’atto dovuto (o, per le Procure, dell’obbligo dell’azione penale), non impedisce gli abusi e però non permette di riconoscerne i responsabili. Si tratta di una tendenza anche prodotta dalle leggi: l’incredibile promozione di un ufficiale dei Carabinieri indagato per fatti gravissimi è stata spiegata come effetto automatico di una legge.
La fuga dalle responsabilità e il rinvio ad atti di altri o ad eventi automatici è generale. Anche a livello politico ove, strumentalizzando il principio di presunzione di non colpevolezza fino alla condanna definitiva, si evita di valutare le accuse sulla base dei fatti emersi e di prendere misure politiche di allontanamento o sospensione per compagni di partito o componenti di organi politici. Ci si sottrae così al dovere di scelte di etica politica e ci si assoggetta (poi lamentandosene) allo sviluppo di procedure giudiziarie. Il filo che lega e spiega tutto questo è la fuga dalle responsabilità e l’ossessiva ricerca di criteri oggettivi, automatici, nelle mani di altri, che consentano di allontanare da sé l’onere e la responsabilità delle scelte.