Corriere 18.9.17
Il caso Consip non diventi alibi
di Goffredo Buccini
Più
si scava, più il caso Consip svela contorni inquietanti per la nostra
democrazia. Che serva maggior rigore nella gestione delle indagini è la
richiesta minima da rivolgere tanto alla magistratura inquirente quanto
agli organi di polizia giudiziaria a essa collegati con criteri non
sempre lineari. F ascicoli trattenuti indebitamente, flussi informativi
non dovuti, intercettazioni «border line», bersagli politici che
diventano target investigativi, falsificazioni: il catalogo degli errori
e degli orrori, agli atti del Csm, ha finito per vestire da indagato un
pm famoso come il napoletano Woodcock e sta sporcando l’immagine di un
onorato reparto dei carabinieri, il Noe (con un ufficiale inquisito e il
suo comandante, il leggendario Ultimo, sospettato di manovrarlo in modo
opaco). Un quadro tale da giustificare l’allarme a prescindere dal
fatto che sotto tiro qui ci siano politici o loro familiari: nessun
cittadino può sentirsi tranquillo se le regole del gioco vengono
alterate. La campana Consip suona per tutti. La politica però nel suo
insieme commetterebbe un errore se schermasse i propri fallimenti dietro
le anomalie delle indagini, come è già accaduto. E’ umano che chi è
legato a Renzi gridi al complotto. Ma è ragionevole sostenere che
l’eventuale complotto abbia abbattuto il governo? Fu così nel 1994 con
Berlusconi? E nel 2008 con Prodi? Vediamo. Berlusconi nel ‘94 non cadde
per il discusso invito a comparire ricevuto a Napoli: vi sarebbe
politicamente sopravvissuto se avesse avuto una maggioranza coesa. Quel
primo centrodestra teneva insieme ancora a fatica postfascisti e
aspiranti secessionisti; non era amalgamato come poi fu, per merito di
Berlusconi stesso: era nato caoticamente sul bisogno di impedire la
vittoria alla «gioiosa macchina da guerra» di Achille Occhetto. Umberto
Bossi si sfilò per problemi di tenuta nella sua base ancora pregna di
giustizialismo e per l’incolmabile distanza da Fini. Così Prodi nel
2008 non cadde davvero per il colpo dei magistrati contro Clemente
Mastella, allora suo Guardasigilli. Cadde perché aveva una maggioranza
fragile, con ministri comunisti che manifestavano contro il loro stesso
governo. E, soprattutto, perché il profilo di un esecutivo composto da
13 sigle politiche (!) era in contrasto con quello del suo principale
dante causa, il neonato Pd di Veltroni, a vocazione maggioritaria. Il
calendario ci dice che Renzi non è caduto sulla Consip: l’inchiesta
deflagra dopo il referendum del 4 dicembre. L’ex enfant prodige del
Partito democratico cade per l’allergia anche caratteriale al gioco di
squadra e perché non riesce a spiegare agli italiani il senso vero di
quel referendum. Abbagliato dalla propria hybris. E certo danneggiato,
sul piano dell’immagine, da un babbo perlomeno ipercinetico.
Intendiamoci: sarebbe da ingenui sostenere che le vicissitudini penali
non abbiano pesato. Il caso Consip è quel verminaio investigativo di cui
ancora stiamo definendo i contorni; l’inchiesta su Mastella fu una
cantonata presa confondendo una trattativa politica con una concussione;
e l’invito a comparire a Berlusconi (mentre rappresentava l’Italia a
una conferenza internazionale) fu perlomeno un errore di tempistica così
grave da sollevare il sospetto, crediamo ingiusto, che si volesse
screditare il premier. E tuttavia è una politica debole o inadeguata
quella che tende, nelle ore amare, a strillare all’attacco giudiziario:
facendosene scudo davanti all’opinione pubblica e dimenticando che i
magistrati, quasi tutti, fanno solo il loro mestiere e semmai sbagliano
in buona fede. Errori o attacchi che siano, gli effetti sarebbero
comunque ridotti se il quadro politico fosse più solido. Dopo Consip,
sarebbe ragionevole ad esempio rivedere in via normativa i legami tra
pubblici ministeri e polizia giudiziaria, per evitare che una sana
fiducia professionale diventi un patto di fedeltà perlomeno «praeter
legem». Ma quale politico avrebbe l’autorevolezza di proporlo senza
essere sospettato di tirare la volata a ladri e grassatori?