La Stampa 15.9.17
La Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche
Quella miccia che mette in difficoltàil governo
di Marcello Sorgi
Nata
dopo lunga, troppo lunga, secondo alcuni, gestazione, la Commissione
parlamentare d’inchiesta sulle banche avrà poco tempo, di qui a
febbraio, scadenza finale della legislatura, per circoscrivere il largo
campo di indagini che s’è assegnata, e dovrà scongiurare il rischio di
trasformarsi in cassa di risonanza della campagna elettorale in corso.
Dei
due partiti che più fortemente l’hanno voluta, Pd e M5s, il primo -
spinto in direzione della Commissione soprattutto da Renzi, quand’era
ancora a Palazzo Chigi, per desiderio di liberare il governo dai miasmi
del caso Etruria - s’è abbastanza raffreddato, prova ne siano i numerosi
rinvii e il ritardo, fino a ieri, con cui ha comunicato i nomi dei
prescelti designati a far parte del nuovo organismo bicamerale. Non a
caso negli ultimi giorni Grillo ha accusato Renzi di non voler più in
realtà la Commissione per timore di ritrovarsi a fare i conti con le
rivelazioni dell’inchiesta parlamentare alla vigilia del voto siciliano e
poi di quello nazionale.
Tra i primi che saranno chiamati a
parlare davanti a senatori e deputati, dotati di poteri inquirenti pari a
quelli della magistratura, ci sarà infatti l’amministratore delegato di
Unicredit Ghizzoni, che secondo le rivelazioni contenute nel libro di
Ferruccio de Bortoli avrebbe ricevuto pressioni da Maria Elena Boschi
per dare una mano a risolvere i guai di Banca Etruria, di cui il padre
dell’allora ministra era vicepresidente. Boschi, che ha dovuto
difendersi da una mozione di sfiducia legata proprio a questo caso, ha
smentito. Ghizzoni s’è trincerato nel «no comment»: ma potrebbe
continuare a tacere se convocato in Parlamento? Prima ancora di fornire
un responso sulla situazione degli istituti di credito italiani, la
Commissione rischia dunque di accendere una miccia che va verso il
governo.
Quanto alla possibilità che dal lavoro di senatori e
deputati possa uscire una sorta di scagionamento del governo dalle sue
eventuali responsabilità per la crisi delle banche, o per il tempo
perduto prima di intervenire nei salvataggi, è tutto da vedere. Al
momento in cui il caso esplose, ormai più di due anni fa, era intuibile
l’intenzione di Renzi di far emergere un deficit di attenzione della
Banca d’Italia, a cui istituzionalmente è rimessa la vigilanza bancaria.
Oggi, con Gentiloni alla guida del Governo, e il Governatore Fazio
sulla strada di una riconferma nel suo incarico, anche questo obiettivo
s’è appannato. Così che il leader del Pd rischia di aver caricato un
arma il cui grilletto non è più nelle sue mani.