Il Fatto 15.9.17
Oggi è il V-Day. Scatta il vitalizio per tutti
Traguardo
- Da stamattina, essendo passati 4 anni e 6 mesi dall’inizio della
legislatura, anche i neo parlamentari hanno diritto alla pensione al
compimento dei 65 anni
di Tommaso Rodano
Per i
Cinque Stelle è il vero V-Day: il giorno dei vitalizi, in cui la classe
politica incassa l’ultimo privilegio. Scocca il quarto anno e mezzo di
legislatura: oggi maturano le pensioni di tutti i parlamentari al loro
primo incarico (tranne 33 che sono subentrati in corso d’opera). Sono
558 su 945, il 59% di chi siede a Montecitorio e Palazzo Madama (dati
Openpolis). Tra di loro c’è anche il senatore del Pd Vincenzo Cuomo,
sindaco di Portici. Incompatibile da luglio, ha sfruttato ogni occasione
per rallentare la rinuncia al seggio e arrivare così alla pensione.
Mercoledì la Giunta gli ha concesso tre giorni per decidere se lasciare
il Senato, lui ovviamente li sta usando tutti: il vitalizio da oggi è
realtà.
Questi assegni – è bene sottolinearlo – non sono quelli
ricchissimi del passato. Dopo la riforma del 2011 le pensioni di
onorevoli e senatori si calcolano col metodo contributivo: chi è stato
eletto nel 2013 avrà diritto a un mensile di circa 1.000 euro netti a
partire dal 65esimo compleanno. Dalla seconda legislatura in poi,
invece, gli basterà aver compiuto 60 anni.
Si tratta ancora di un
regime molto favorevole rispetto a quello dei cittadini comuni.
Innanzitutto per l’età pensionabile: dopo la riforma Fornero i normali
contribuenti devono aspettare i 66 anni e 7 mesi per maturare il diritto
all’assegno, e per ottenere una pensione da lavoro servono almeno 20
anni di contributi (mentre l’anzianità contributiva minima dei
parlmentari, come detto, è di appena 4 anni e 6 mesi). Ai lavoratori
comuni, peraltro, si applica un tetto massimo di base imponibile: il
reddito oltre i 100 mila euro non contribuisce ad accumulare la
pensione. Per deputati e senatori questo limite non esiste, altrimenti –
ha calcolato Roberto Perotti su Repubblica – la loro pensione si
ridurrebbe del 25 per cento.
Il Movimento 5 Stelle – dicevamo – ha
individuato la questione vitalizi/pensioni come uno dei cavalli di
battaglia in vista delle elezioni politiche. A marzo il candidato in
pectore Luigi Di Maio aveva presentato una delibera in ufficio di
presidenza della Camera per “dare ai deputati lo stesso trattamento dei
comuni mortali”, ovvero sottoporre anche i parlamentari al regime
Fornero. La maggioranza guidata dal Pd aveva respinto la proposta
grillina per approvare una firmata dalla dem Sereni: un contributo di
solidarietà sui vitalizi già in essere con un taglio progressivo sulle
pensioni superiori ai 70 mila euro. Un piccolo intervento (2,5 milioni
di euro l’anno di risparmi per la Camera) su cui si sono già scatenati i
ricorsi degli ex onorevoli. Lo stesso Pd era così poco convinto della
delibera Sereni che si è dimenticato di applicarla anche al Senato, dove
il contributo di solidarietà non ha ancora visto la luce: attualmente i
vitalizi di Montecitorio e Palazzo Madama sono sottoposti a due regimi
diversi.
Quel giorno, dopo che fu bocciata la sua proposta, Di
Maio raggiunse la folla che si era raccolta di fronte a Piazza
Montecitorio per un comizio improvvisato: “Il 15 settembre, quando
scatteranno i vitalizi per tutti, sarà l’armageddon dei partiti. C’è un
clima da fine impero in cui tutti quanti arraffano e scappano”. Ora il
15 settembre è arrivato. I parlamentari si preparano a raccoglierne i
benefici economici, i Cinque Stelle quelli politici. In queste ore
stanno studiando un meccanismo che consenta ai loro eletti di rinunciare
alla pensione. La proposta sarà presentata questa mattina alle 11 in
sala stampa alla Camera.
Poi – una volta ribadita l’estraneità a
un privilegio che altrimenti riguarderebbe pure tutti i suoi 123
parlamentari – il Movimento passerà alle proteste. Saranno organizzate
tra lunedì e martedì e saranno, promettono, piuttosto plateali, sia
dentro che fuori le aule.
È un tema su cui l’opinione pubblica
rimane particolarmente sensibile. Lo sanno i grillini e lo sa anche
Matteo Renzi. Fu una delle sue prime preoccupazioni dopo la scoppola del
referendum. Resa pubblica con un sms inviato in diretta a DiMartedì, la
trasmissione di Giovanni Floris, il primo febbraio: “Per me votare nel
2017 o nel 2018 è lo stesso, l’unica cosa è evitare che scattino i
vitalizi perché sarebbe molto ingiusto verso i cittadini. Sarebbe
assurdo”.