La Stampa 13.9.17
Mdp prova a mettere
Pisapia sotto tutela
“Adesso si decide insieme”
Un coordinamento si riunirà per le scelte più delicate
di Francesca Schianchi
«Per
oggi abbiamo deciso chi siamo, poi sul dove andiamo si vedrà…». Il
deputato Ciccio Ferrara, tendenza Pisapia, sintetizza con una battuta la
tanto sospirata riunione di ieri mattina tra il movimento dell’ex
sindaco di Milano, Campo progressista, e i vertici di Mdp, il partito
fondato da Bersani, D’Alema e Speranza dopo la scissione dal Pd. «Non
abbiamo sciolto tutti i nodi», ammette Ferrara: hanno provato a mettere
fine ai rinvii, si sono guardati in faccia due delegazioni per un totale
di una ventina di persone, consegnati qualche critica a vicenda, e -
dopo quattro ore di dibattito - partorito un comunicato limato fin nelle
virgole per poter dichiarare tutti all’uscita con un largo sorriso: «Si
è rafforzato e definito il percorso comune di costruzione di un
centrosinistra innovativo». Anche se non c’è accordo sulla Sicilia né su
quando tenere un’assemblea nazionale. E pure sulla figura di Pisapia
dalle parti di Mdp si tiene a chiarire che sì, il leader è lui, ma
insistendo perché eserciti il suo ruolo «in un luogo collegiale»:
l’affollato «coordinamento» di ieri «si riunirà con regolare frequenza».
È
dal 1° luglio scorso, dalla manifestazione voluta a Roma dall’ex
sindaco di Milano, partecipata dalle prime file di Mdp, che i dirigenti
delle due parti aspettano di rivedersi a quattr’occhi. Un incontro
divenuto sempre più necessario nel corso dell’estate punteggiata da
incomprensioni. Quattro ore di «franca discussione», come la definisce
Bruno Tabacci, uomo molto vicino a Pisapia, per tentare di far ripartire
un percorso: «Poi si vedrà cosa ne esce...», sospira scettico.
«Basta
con il fuoco amico», chiede subito l’avvocato milanese. «Dopo la
manifestazione del 1° luglio, non hai mai esercitato la leadership», gli
rimprovera Arturo Scotto, dando voce alle tante critiche sussurrate in
questi mesi dalle parti di Mdp; «difficile esercitarla se voi, come in
Sicilia, prendete decisioni senza nemmeno consultarmi», la risposta
dell’ex sindaco, contrario alla scelta di candidare Fava come a quella
del Pd di sostenere Micari con Alfano. Rivolto a un D’Alema scatenato
nelle critiche alla politica estera del suo ex collaboratore Minniti, ci
tiene a puntualizzare la sua lealtà al governo dell’Ulivo ai tempi
dello strappo di Rifondazione, e di non aver votato la fiducia al
governo D’Alema né la missione in Kosovo.
Sistemate le frecciate
in sospeso, è tempo di guardare avanti. Prima di tutto al rapporto col
governo: «Avete abbandonato il Pd accusandolo di essere freddo con
Gentiloni, sarebbe ben strano se ora, con la manovra, lo faceste cadere
voi», ammonisce i compagni di Mdp Tabacci. «Avvieremo un confronto in
vista della legge di bilancio per conseguire una svolta sulle politiche
economiche e sociali», scrivono nella nota finale: sarà Pisapia a
guidare una delegazione che porterà le proposte all’esecutivo. E poi si
trovano d’accordo sulla «imprescindibile approvazione dello ius soli» e
la necessità di cambiare la legge elettorale.
Entro qualche mese
si terrà un’assemblea, «un grande momento di coinvolgimento popolare»:
Bersani e co. avrebbero voluto organizzarla subito; Pisapia ritiene che
debba farsi dopo le regionali siciliane, visto che, fa maliziosamente
notare qualcuno, come dice D’Alema «solo un idiota può dire che si
tratta di un fatto locale». La soluzione è annunciarla genericamente per
l’autunno.
Così, parte il tentativo di far diventare un
matrimonio questo accidentato fidanzamento (ma di partito si parlerà
dopo il voto), aprendo anche «senza veti o pregiudizi» ad altri, come
Civati e Fratoianni (che chiede subito un incontro ma al grido di
«Pisapia non è il nostro leader»). Stando attenti a non toccare
l’argomento spinoso delle candidature di big come Bersani e D’Alema.
L’accordo è per un centrosinistra «alternativo alle politiche sbagliate
del Pd di Renzi». Suscitando qualche fastidio negli alleati, Pisapia
lascia la riunione per primo: è atteso a una Festa dem per un dibattito
col ministro Delrio. Dove, più che alternativo, definisce il Pd
«sfidante: l’avversario sono le destre».