La Stampa 10.9.17
Se la mafia sparisce dal dibattito
di Francesco La Licata
Ogni
ora che passa sembra complicarsi sempre più il guazzabuglio siciliano
che precede le elezioni regionali. Ma, in fondo, questa non è una
novità: da sempre la Sicilia è stata usata come «laboratorio», come
banco di prova per esperimenti, più o meno arditi, che raramente - dopo
il voto - hanno dato esiti positivi. Nessuna sorpresa, dunque, se fino a
questo momento pochi osservatori esterni sembrano in grado di spiegare
esattamente chi sta con chi, dov’è la destra e dove la sinistra, per
dirla col grande Giorgio Gaber. D’altra parte, l’Isola è il solo luogo
dove (Milazzismo 1958) comunisti e fascisti siano riusciti a mettersi
insieme riuscendo a cacciare la Dc all’opposizione.
E non è
neppure una novità un dibattito duro e acceso, ma solo sulla diatriba su
posti e nomi, senza il minimo accenno a fatti e programmi. Volendo
banalizzare, dunque, si può azzardare che «tutto va bene» e siamo
perfettamente nella norma.
Eppure, a ben guardare nelle pieghe di
questo pseudo dibattito elettorale, una novità ci sarebbe. E, stando
alla storia recente della politica in Sicilia, si tratterebbe anche di
una novità non di poco conto. Non sappiamo se sia stato abbastanza
notato e sottolineato, ma il tema della mafia e dell’antimafia latita.
Tra tanti appassionati discorsi e appelli, da destra, da sinistra ed
anche dai «grillini» in ascesa (che non si sa dove collocare) non
abbiamo ascoltato alcun riferimento, neppure di semplice denuncia, al
problema delle infiltrazioni mafiose, della difesa del sistema degli
appalti, abbondantemente inquinato da anni di «provenzanismo» e sinergie
politico-mafiose. La mafia è scomparsa, di nuovo non esiste più a
dispetto dei milioni che continuano ad essere sequestrati a mafiosi
piccoli e grandi o ai numerosi prestanome di Matteo Messina Denaro, che
si conferma l’ultima «primula» di Cosa nostra. Tranne Claudio Fava, che
l’antimafia se la porta tragicamente stampata sul nome, nessun candidato
osa abbracciare il tema che pure, in passato, l’ha fatta da padrone,
qualche volta anche troppo.
Neppure il candidato di Grillo, che
dovrebbe essere abituato alla denuncia, si addentra sul quel terreno
scivoloso. Silenzio assoluto anche dalle grandi coalizioni di
centro-destra e centro-sinistra, che forse pagano il prezzo di
accorpamenti «arditi» nelle rispettive scelte. Le vicenda del presidente
Crocetta, scivolato sul «tradimento» dell’icona dell’antimafia Lucia
Borsellino e dello scandalo Saguto (uso personalistico dei beni
sequestrati ai mafiosi), certo, non giocano a favore della lotta a Cosa
nostra. Anche se un tema potrebbe essere proprio quello del recupero dei
valori che furono di Falcone e Borsellino. Ma, si sa, per tradizione
(tranne il «fenomeno Orlando») chi fa antimafia, in Sicilia, perde le
elezioni. La «voglia di mafia» è anche il silenzio a protezione dei voti
ed affari.