il manifesto 10.9.17
Renzi fa la vittima. Nell’isola le prove del «voto utile»
Pd-Mdp. L'appello comincia in Sicilia e già illumina la campagna elettorale delle politiche 2018
di Andrea Fabozzi
Diceva
Fausto Bertinotti che l’appello al voto utile «è prossimo al voto di
scambio», «è una delle manifestazioni del degrado della politica», «è un
veleno», «è una proposta politicamente oscena». Quando l’allora
segretario di Rifondazione comunista concepiva queste definizioni,
essenzialmente nella seconda metà degli anni Novanta e all’inizio dei
Duemila, lo faceva per rispondere quasi sempre a Massimo D’Alema,
all’epoca segretario del Pds e poi tra i leader dei Ds. Oggi il
bersaglio principale dell’appello al voto utile, che comincia in Sicilia
e già illumina la campagna elettorale delle politiche 2018, è proprio
D’Alema, che con il suo (e di Bersani) nuovo partito vorrebbe, sostiene
Renzi, «solo far perdere il Pd».
Voto utile è espressione che in
Italia ha cominciato a circolare tardi, perché essenzialmente priva di
senso durante i lunghi anni del proporzionale senza premio di
maggioranza. Solo dalla campagna elettorale del 1994 qualcuno (più a
destra) cominciò a importarla da altri paesi (la Francia), chiedendo di
non votare i partiti di centro. Anche se «il vero voto utile» è concetto
che ricorre in qualche intervento dell’ultimo Berlinguer, costretto
alla competizione con i socialisti di Craxi. E, assai più di recente, in
materia va ricordato l’intervento di Giorgio Napolitano da presidente
della Repubblica, quando nel 2008 si era fatto troppo insistente
l’appello di Veltroni e Berlusconi a non votare per le terze forze.
«Nessun voto – disse il capo dello stato – è inutile». Cosa che in
realtà, a causa delle soglie di sbarramento, non è purtroppo neppure più
del tutto vera.
Renzi comunque ha fatto capire molto chiaramente
che questo sarà il perno della sua campagna. Del resto non lo si può
accusare di nascondere le intenzioni: alla vigilia della campagna per il
referendum costituzionale avvertì «sarò demagogico» e lo fu. «La
sinistra radicale non vincerà mai. Tutt’al più vogliono far perdere
quelli che stanno vicini», ha detto ieri il segretario del Pd a Ragusa;
le elezioni regionali siciliane sono in effetti un’ottima occasione per
sperimentare questo tipo di campagna. In Sicilia, come per il prossimo
parlamento, il messaggio da far passare è che votando a sinistra del Pd
si rinuncia a correre per la vittoria e si favoriscono i minacciosi
grillini o il minaccioso Berlusconi. Oddio, i sondaggi direbbero
tutt’altro, visto che il candidato del Pd in Sicilia parte in terza
posizione rispetto a quello dei 5 Stelle e a quello della destra unita,
dunque per fermare l’uno o l’altro sarebbe consigliabile orientarsi
sulla minaccia minore. E anche nei sondaggi nazionali il Pd è
lontanissimo dalla possibilità di raggiungere il 40% alla camera, e così
di prendere il premio di maggioranza per governare da solo, dunque
un’alleanza dovrà pur farla. Più probabilmente con il «minaccioso»
Berlusconi che con gli «inutili» sinistri. Secondo Pippo Civati «il vero
voto inutile è quello dato alla sinistra per fare le cose di destra»,
mentre secondo l’ultimo D’Alema «Renzi ha abolito la sinistra e a noi è
toccato doverla ricostruire».