lunedì 4 settembre 2017

internazionale 2.9.17 
Un nuovo linguaggio per difendere la natura

Gli ecologisti sono animati dalle migliori intenzioni, ma le parole che usano sono brutte, fredde e astratte. Se vogliamo proteggere il mondo naturale dobbiamo adottare un lessico diverso
di George Monbiot, The Guardian, Regno Unito 

Se Mosè avesse promesso agli ebrei una terra ricca di secrezioni mammarie e vomito di insetti, lo avrebbero seguito fino a Canaan? Pur essendo sinonimi di latte e miele, dubito che li avrebbe convinti. E allora perché usiamo un linguaggio simile per descrivere le meraviglie della natura? Gli esempi sono innumerevoli, ma ne citerò alcuni difusi nel Regno Unito. I luoghi in cui la natura è protetta si chiamano “siti d’interesse scientiico” e in mare si chiamano “zone interdette” o “aree di riferimento”. Se l’obiettivo è allontanare le persone dal mondo naturale, è diicile fare meglio di così. Perino il termine “riserva” è freddo e alienante: si pensi a cosa vuol dire quando viene usato a proposito di una persona. “Ambiente” è altrettanto brutto: una parola vuota che non evoca alcuna immagine. Le piante e gli animali selvatici sono “risorse”, come se ci appartenessero e avessero il compito di servirci. Le parole che usiamo attenuano anche l’aggressione umana alla vita e alla bellezza. Quando cancelliamo una specie parliamo di “estinzione”, termine che nasconde il nostro ruolo e fa passare lo sterminio per un avvicendamento naturale delle specie (come se qualcuno definisse “trapasso” l’omicidio). Anche “cambiamento climatico” confonde un’evoluzione naturale con la distruzione catastroica causata dall’umanità, confusione di cui approittano i negazionisti. A volte sento ecologisti parlare di pascoli “migliorati”, riferendosi a terreni privati di ogni forma di vita escluse poche specie di piante prescelte. Un gioco con i volontari Le parole hanno il potere di plasmare le nostre percezioni. L’associazione Common cause ha portato avanti una ricerca in cui i volontari erano coinvolti in un gioco. A un gruppo è stato detto che si chiamava “Wall street game” e all’altro “Community game”. Anche se il gioco era lo stesso, i partecipanti al Wall street game si sono rivelati più egoisti e più propensi a tradire gli avversari. Diferenze simili sono state riscontrate tra due gruppi che hanno partecipato alle ricerche “sulla reazione dei consumatori” e “sulla reazione dei cittadini”: le domande erano le stesse, ma i partecipanti “consumatori” tendevano a privilegiare i valori materiali. Le parole codiicano valori che s’innescano inconsciamente. Se ripetute, determinate espressioni possono produrre una precisa visione del mondo. Pubblicitari ed esperti di comunicazione lo sanno bene: usando un certo linguaggio sono in grado di scatenare certe reazioni. Purtroppo, chi difende il pianeta non se ne preoccupa. La rovinosa incapacità degli ecologisti di ascoltare i consigli degli esperti di linguistica cognitiva e psicologia sociale ha prodotto l’espressione “capitale naturale”, la peggiore di tutte, perché sottintende che la natura sia subordinata all’economia e perda valore se non si può misurare in denaro. In questo modo seppelliamo tutte le questioni non misurabili. Secondo un rapporto parlamentare, la perdita di terreni naturali in Inghilterra e in Galles “costa un miliardo di sterline all’anno”. Leggendo queste afermazioni si potrebbe pensare che il problema sia solamente economico, quando in realtà stiamo accelerando la ine della nostra civiltà. Senza volerlo, gli scienziati che hanno coniato l’espressione “siti d’interesse scientiico” stanno dicendo che quei luoghi sono importanti perché interessano a loro. E chi definisce “aree di riferimento” i fondali marini in cui è vietata la pesca commerciale dice la stessa cosa. Ma per gli amanti delle immersioni sono soprattutto luoghi che pullulano di creature incredibili. Invece di arrogarsi il diritto d’inventare nomi, gli ecologisti dovrebbero assoldare poeti, linguisti e amanti della natura per farsi aiutare a trovare parole più adatte per proteggere ciò che hanno a cuore. Ecco alcune idee. Se chiamassimo le aree protette “meraviglie naturali”, risveglieremmo l’amore per la natura insito in tutti noi. Poi dovremmo smettere di usare il termine “ambiente” e parlare invece di “pianeta vivente” e “mondo naturale”, espressioni che evocano immagini precise. Invece di “cambiamento climatico”, usare “distruzione climatica”. Invece di “estinzione”, usare “ecocidio”, termine proposto dall’avvocata ambientalista Polly Higgins. Abbiamo avuto in dono la natura e il linguaggio. Uniamo queste risorse preziose e usiamo l’uno per difendere l’altra.