Il Sole Domenica 24.9.17
Farmaci tra storia e scienza
La pillola che allunga la vita
di Elena Cattaneo
È
affascinante ripercorrere, immersi nella lettura del libro di
Corbellini e Pani, le tappe che hanno trasformato la medicina in una
disciplina scientifica che si occupa della salvaguardia della salute
dell’uomo. Una pratica nella quale all’empirismo, all’esoterismo e agli
imbonitori, progressivamente, e in particolare negli ultimi 150 anni, si
sono sostituiti l’irrinunciabilità delle prove controllate, la ricerca
delle basi molecolari e cellulari delle malattie e quindi lo sforzo
diagnostico, la capacità di isolare e purificare sostanze naturali, lo
sviluppo di metodi per riprodurle chimicamente potendole così
modificare, migliorare e sintetizzare nelle quantità necessarie, in
modo, sicuro, affidabile e riproducibile. Ecco documentati con
precisione ma senza eccessivi tecnicismi gli sviluppi della
farmacologia, volti a verificare e sfruttare il particolare metabolismo
del principio attivo a contatto con i nostri organi, e quindi la sua
biodisponibilità, per capire anche come stabilizzarlo nei preparati,
conservarlo e renderlo accessibile a larga parte (non tutta purtroppo)
del mondo.
La ricca parte storiografica del volume, estesa a
moltissime delle sostanze medicinali oggi in uso, fa comprendere bene
quanto fosse diversa la condizione di un malato e dei suoi famigliari,
migliaia di anni fa o anche solo 200, rispetto a quella vissuta oggi
alle nostre latitudini. Le possibilità di trattamento erano legate, ad
esempio, a scoperte casuali di principi attivi nelle piante. In queste
pagine possiamo risalire fino a 5000 anni fa quando la Cannabis sativa
era usata come sedativo, o al tempo in cui le proprietà anestetiche –
allora sconosciute - della Mandragora officinarum (pianta che contiene
importanti alcaloidi utili da un punto vista terapeutico), così
denominata dal medico greco Ippocrate, contribuirono ad attribuirle,
nelle credenze popolari, poteri sovrannaturali. Era un’epoca in cui il
concetto di dose, di singole molecole da somministrare e soprattutto le
basi eziologiche delle malattie non appartenevano al linguaggio
corrente. Ma proprio quella casualità e l’impiego di frammenti o
estratti di piante, in preparati artigianali, comportava effetti
collaterali con irrimediabili conseguenze, causando spesso la morte del
malato in cura. Ricordano Corbellini e Pani, che fino alla fine del XVI
secolo si riteneva che la qualità e l’efficacia dei preparati dipendesse
dal numero degli ingredienti, un concetto totalmente contrario a quello
che perseguiamo oggi.
Ripercorrendo le esperienze del passato
ecco emergere nitidamente quella consapevolezza che rende ancora più
palese come l’uso scientificamente sperimentato e medicalmente
appropriato di un medicinale, altro non sia che l’espressione e il
risultato della straordinaria capacità dell’intelligenza umana di
procedere, con uno sforzo conoscitivo, verso l’ignoto, per rendere
conoscibile una malattia, identificare un bersaglio da colpire, fino a
riuscire ad impiegare, con un certo grado di sicurezza, uno specifico
rimedio.
È bello vivere con le parole e i dati proposti dagli
autori la storia dei traguardi raggiunti. E lo è ancora di più nel
nostro Paese dove alla responsabilità, alla fatica e alle conquiste
della scienza e della medicina in tema di salute, spesso si antepongono,
fino a contrapporsi, le emozioni e le superstizioni, talvolta in quella
forma deteriore che potremmo assimilare al «tifo da stadio». L’Italia, a
volte, non sembra molto diversa da quelle praterie degli Stati Uniti
del 1900 solcate da venditori di olio di serpente spacciato per rimedio
per mille malattie, in assenza di alcuna legislazione efficace (oltre
che ovviamente di prove) a tutela dei consumatori.
E come ricorda
questo volume, fu a seguito di un’indagine giornalistica su una di
queste miracolose pozioni che il clima cominciò a cambiare e la
sicurezza dei farmaci divenne una priorità, con l’insediamento del primo
nucleo di quello che sarebbe diventata la Food and Drug Administration
americana. Addirittura nel nostro Paese si sono autorizzate per via
parlamentare, imposte per via giudiziaria e alimentate per via mediatica
le pseudocure di Stamina, salvo poi un doveroso e provvidenziale
ravvedimento collettivo che ha riconosciuto la “cura” Vannoni per quello
che era: una truffa. È anche il Paese delle polemiche contro i vaccini
che recentemente hanno trasformato il dibattito Parlamentare sulla legge
che ne ha promosso l’obbligo per l’iscrizione al nido e alle scuole
come strategia per porre rapido rimedio ai cali vaccinali, in una
bagarre ideologica tra favorevoli e contrari.
È bene, poi, che
questo libro esca in questo momento, a valle di Stamina, nella temperie
del dibattito sull’estensione dell’obbligatorietà vaccinale e dopo che
le cronache mondiali si sono occupati del caso del piccolo Charlie,
perché ci ricorda anche che i medici devono parlare con il paziente (e
che sia riconosciuto a loro il tempo per farlo), non devono mentire, né
fingere di sollecitare speranze quando in realtà le prove non portano in
quella direzione.
Vi sono altri due aspetti innovativi nel libro.
Il primo consiste nel fare emergere con chiarezza, coraggio e lucidità
il ruolo della proprietà intellettuale e il giusto merito, ad esempio,
dell’industria farmaceutica che si attrezza per trasformare
un’intuizione o un risultato da laboratorio che tale rimarrebbe, in un
complesso processo a stadi progressivi il cui superamento porta la
molecola in esame sempre più vicino alla sperimentazione clinica
nell’uomo. Corbellini e Pani non possono che riconoscere a questo
importante alleato della ricerca e della salute dell’uomo un ruolo che
nessuno Stato (e nessun ente di ricerca pubblico o privato) potrebbe mai
sopportare.
Quello cioè di raccogliere e costruire competenze e
livelli d’indagine su più sostanze e loro modificazioni
contemporaneamente, accettando il rischio del fallimento scientifico,
tecnico ed economico, con l’unica tutela della copertura brevettuale
sulla molecola che risulterà vincente e il suo impiego. Brevetto che,
ancora oggi, rappresenta la forma più civile che si è riusciti ad
immaginare per dirimere la questione del riconoscimento a chi ha
investito denaro e corso rischi. L’alternativa per chi è ossessionato
dalle «multinazionali da contrastare» (quelle multinazionali che ci
forniscono i migliori farmaci anti-rigetto, gli anti-aritmici, i
chemioterapici, e molto altro ancora…) e dalla perversa idea che
occupandosi di salute lo debbano fare per beneficienza, è di prodursi
tutto nel proprio garage.
Il secondo aspetto innovativo consiste
nella descrizione di come si realizza e come evolve il rapporto tra
Stato, con i suoi cittadini e le loro sempre maggiori aspettative nei
confronti dei rimedi terapeutici, e l’industria farmaceutica che si
attrezza per farvi fronte. Diventa quindi evidente che il punto di
bilanciamento, ma anche la vera rivoluzione della medicina del nostro
secolo, consiste nell’ingresso della regolamentazione come linea di
demarcazione tra pseudo rimedi e terapie mediche. Ma anche come
strumento per costruire procedure di riconoscimento, sperimentazione e
immissione in commercio, capaci di intercettare ed escludere conflitti
di interesse o interessi diversi da quelli del cittadino da tutelare,
promuovendo fiducia, trasparenza, sicurezza, efficacia e politiche di
salute pubblica che siano di beneficio al maggior numero di persone.
Ecco
quindi emergere il peso delle agenzie di controllo e sorveglianza che
studiano protocolli e documentazioni fornite dalle case farmaceutiche e
che intervengono anche con pareri tecnici o ordinanze a tutela della
salute dell’uomo. Fu con coraggio e consapevolezza del proprio ruolo
che, nel 2012, nel vuoto assoluto, l’AIFA, la nostra agenzia regolatoria
diretta in quei momenti da uno degli autori del libro, Luca Pani,
sostenuta dai carabinieri dei NAS, produsse la sua prima ordinanza di
blocco contro il «veleno di serpente» Stamina. Cinque pagine scolpite
nella pietra ahimè travisate nei contenuti, nei principi, e nelle
competenze da parte politica, giuridica e mediatica e che hanno lasciato
spazio a scorribande di pirati e ciarlatani della salute con l’esito
che tutti conosciamo: la nostra agenzia regolatoria aveva ragione, stava
lavorando per tutti noi.
Il testo qui pubblicato è la prefazione al volume di Gilberto Corbellini e Luca Pani, Prescrivere valore.
Storia e scienza dei farmaci che fanno vivere più a lungo e meglio , Edra Editore, Milano, pagg. 275, € 19,90