il manifesto 6.9.17
I morti viventi del «bipolarismo forzoso»
di Massimo Villone
A
volte i morti ritornano. Ad ascoltare i rumors, sono i fan del
bipolarismo forzoso di coalizione a multipartitismo estremo. Corre
infatti voce di un accordo sotto traccia su alcuni punti. Premio di
maggioranza alla coalizione, graduale.
Ad esempio, soglia intorno
al 35% con il 51% di seggi, e crescita di 1% di seggi per ciascun 1% di
voti fino al 40%. Si giungerebbe così al 55/56% di seggi, pare su base
nazionale alla Camera, e regionale al Senato. Soglia di sbarramento al
2/3% per le forze coalizzate, al 3/4% per le altre. Capilista bloccati,
preferenza per gli altri, con alternanza uomo-donna, in collegi piccoli.
Se i sussurri si mostrassero fondati, sorgerebbero tre domande.
La prima. Cui prodest? Anzitutto, si rafforzano molto l’appeal di un assemblaggio di coalizione, e l’argomento del voto utile.
È
una soluzione gradita a larga parte del Pd e al neo-convertito Renzi.
Massimizza la pressione su Pisapia e quella sinistra più disponibile
verso il Pd, mantiene la porta aperta ad Alfano. Nel centrodestra, piace
all’ultimo Berlusconi, meno a Salvini, che non a caso riparla –
inutilmente – di Mattarellum. Anche la Meloni non può gradire il ruolo
di ruotina di scorta. Ma alla fine dovrebbero allinearsi.
La
seconda. A chi il danno? In generale, alle forze politiche di basso o
nullo potenziale di coalizione. Così, in primo luogo, M5S. Sentiamo da
autorevoli esponenti del Movimento che si voterà con quel che c’è dopo
le sentenze della Corte costituzionale. Capiamo bene che il Consultellum
conviene al Movimento assai più della ipotesi in campo, che non nasce
per caso. Poi, dire che si vincerà con qualunque legge elettorale
accarezza l’orgoglio dei militanti. Ma la realtà è che M5S potrebbe
conquistare la palma di primo partito, risultando però terzo in una
corsa elettorale solitaria contro due coalizioni, compresso nella
rappresentanza dal premio ai vincenti.
Riceverebbero poi un colpo
grave, forse mortale, la sinistra più a sinistra e le forze civiche che
volessero rimanere autonome. Escluse da una coalizione con il Pd, e da
questo – oltre che dal voto utile – ridotte ai minimi termini,
potrebbero non superare lo sbarramento, pur basso. Dai collegi piccoli
verrebbe un ostacolo ulteriore, con soglie di fatto più alte di quelle
formalmente stabilite. Del resto, la conquista di un minimo obolo di
parlamentari sarebbe politicamente irrilevante di fronte a maggioranze
garantite dal premio.
Quindi, il ritorno al bipolarismo forzoso.
Inoltre, non si avvia nel sistema politico italiano il consolidamento
nel lungo periodo di forze organizzate stabilmente strutturate. Questo è
un danno al paese. Proprio i meccanismi maggioritari sono stati almeno
determinante concausa della frammentazione, del dissolvimento e della
feudalizzazione dei partiti un tempo organizzati, e in ultima analisi
della degenerazione delle assemblee elettive in forme che ricordano
l’antico notabilato. Le ipotesi qui richiamate confermano i tratti
degenerativi che sono stati e sono causa di instabilità e di debolezza
politico-istituzionale del paese.
Infine, la terza domanda. E la
Costituzione, le sentenze della Corte, il referendum? Qui siamo alla
presa in giro. Non sfuggono le similarità con il Porcellum e l’Italicum,
entrambi in vario modo incostituzionali. Sul premio di maggioranza
reintrodotto, avremmo in partenza una soglia più bassa (35%) di quella
(40%) censurata con la sentenza 1/2014. Anzi, con il crescere del
premio, si potrebbe – giungendo al 40% dei voti – persino superare il
tetto dei 340 seggi allora previsti. E l’eccesso di disproporzionalità
tra voti e seggi lo dimentichiamo? Quanto ai capilista bloccati, le
analisi ci dicono che i parlamentari a voto bloccato potrebbero giungere
fino al 70% del totale. E il voto libero e uguale? Il diritto degli
elettori di scegliere i propri rappresentanti?
La proposta in
campo ci dimostra quanto fossero fragili gli argini eretti dalla Corte
costituzionale (1/2014 e 35/2017). Molte parole e poca sostanza.
Troppo
labile la definizione dei principi e dei diritti costituzionalmente
protetti, troppo ampia la discrezionalità lasciata al legislatore. Il
senso profondo del voto referendario è cancellato. Perciò bisogna
riprendere la battaglia politica, qui e ora, nel paese e nel dibattito
che si avvia in Parlamento, per un sistema di impianto proporzionale e
parlamentari scelti dagli elettori. Ai morti che ritornano non daranno
certo risposta quelli che saranno sepolti e rimarranno nelle tombe.