Il Fatto 6.9.17
Tutti alla festa dell’Unità tranne Bersani e D’Alema
A Imola invitati persino i 5Stelle (che non andranno): il 20 c’è Pisapia con Martina
di Wanda Marra
“Abbiamo
invitato tutti quelli con cui ci interessa avere un confronto”.
Maurizio Martina, vicesegretario del Pd, illustra il programma della
Festa nazionale dell’Unità di Imola. L’investimento organizzativo è
notevole (dura, come sempre, due settimane, dal 9 al 24 settembre), ma
l’atmosfera della presentazione della kermesse, dedicata a un giornale
chiuso, è piuttosto “scarica”.
Accanto a Martina, ci sono Andrea
Rossi, responsabile Organizzazione, la deputata Giuditta Pini e Matteo
Richetti, portavoce del Pd, che prova a spostare l’attenzione sui
“contenuti”. In realtà, quello che dà la cifra politica della festa sono
i partecipanti: inviti accettati, declinati e, soprattutto, non fatti.
Di Mdp c’è solo Filippo Bubbico (tanto rappresentativo degli
“scissionisti” da essere rimasto sottosegretario agli Interni).
A
sinistra ci sono Nicola Fratoianni e soprattutto Giuliano Pisapia
(mercoledì 20 con Martina). È proprio lui, il leader di Campo
Progressista, quello su cui Renzi punta dall’inizio per rompere il
fronte della gauche. A Imola, infatti, non ci sarà D’Alema, non ci sarà
Speranza e nemmeno Bersani: nonostante la festa si svolga a “casa”
dell’ex segretario Pd. Alla domanda “li avete invitati?” Martina
risponde farfugliando: “Abbiamo invitato Bubbico di Mdp”. “Solo
Bubbico?” “Sì”. Sono stati invitati pure Forza Italia e i Cinque Stelle
(“i capigruppo e Danilo Toninelli”, ma hanno rifiutato), ma hanno
declinato. Presente Giancarlo Giorgetti della Lega. E presenti tutti
quelli con cui il Pd intende cercare dialogo e alleanze (anche
elettorali): Angelino Alfano, Laura Boldrini, la presidente della Camera
da qualche tempo difesa sui social da tutti i renziani doc, e Federico
Pizzarotti, sindaco di Parma. Ci sarà anche Pietro Grasso, presidente
del Senato. Prove di listone. Non mancano ovviamente i ministri: da
Marco Minniti a Roberta Pinotti, da Luca Lotti a Maria Elena Boschi e
Graziano Delrio. E soprattutto non manca Paolo Gentiloni, a Imola il 16
settembre. Più di un dibattito per Antonio Decaro, presidente dell’Anci.
E poi, tra i “padri nobili”, ci saranno Piero Fassino e Walter Veltroni
(che ha una stanza al Nazareno e pare voglia usarla spesso). Assenti,
invece, Romano Prodi e Enrico Letta. Dibattiti per i leader della
minoranza, da Andrea Orlando a Gianni Cuperlo, passando per Michele
Emiliano. Tre filoni: #madeinitaly, #Italia2020, #Europa2020. La
speranza, è che “dopo i mille giorni ce ne saranno altri mille”, spiega
Richetti, nel tentativo di andare oltre il governo Renzi che fu.
C’è
pure qualche presenza curiosa: dopo l’apertura, affidata a Martina, il
primo giorno a parlare di Europa (con Giuliano Da Empoli) ci sarà Giulio
Napolitano. Il figlio di Giorgio, che con Renzi continua ad avere buoni
rapporti, tanto da essere andato alla presentazione del suo libro a
Capalbio. Un dibattito pure per Benedetta Rizzo, l’ultima comunicatrice
entrata in segreteria, con il compito (non ufficiale, ovviamente) di
tessere le relazioni con i mondi che contano. Presentano i loro libri il
vaccinologo Roberto Burioni e Simona Ercolani, già a capo della
comunicazione del Sì al referendum. Un dibattito con Lotti lo fa il
presidente del Coni, Giovanni Malagò. Si affacciano personaggi come
Costantino Della Gherardesca, conduttore di Pechino tv e autore di un
libro dal titolo Punto. Aprire la mente e chiudere con le stronzate.
Logo
e video (dell’agenzia di comunicazione Proforma) sono il tentativo di
rivitalizzare l’immagine di un partito del quale ormai rimane ben poco.
Il logo è una emoticon, a forma di U, da cui partono raggi
coloratissimi. Popolare e giovane, il simbolo del Pd rigorosamente sullo
sfondo.
Il video, girato tra i volontari delle feste, fotografa
persone effettivamente motivate: da una passione civile generica, più
che dal Pd. Appunto. “Questo video è un’affermazione politica”, dice
Richetti. Peccato che la macchina organizzativa dem riesca a farne
partire l’audio solo a conferenza stampa finita.