Corriere 6.9.17
Ius soli senza numeri, il Pd verso la rinuncia
Minniti e Lotti: va approvato. Renzi: «Fiducia? Decide Gentiloni». Ma prevalgono realismo e sondaggi
di Maria Teresa Meli
ROMA
Non sembrano esserci i numeri in Parlamento né il clima nel Paese per
portare avanti a oltranza la legge sullo ius soli. Nel Partito
democratico e nel governo in queste ore si sta giungendo a questa
conclusione.
Certo, si tratta di una legge del Pd, fortemente
voluta da Matteo Renzi, ma al Nazareno come a Palazzo Chigi si tende ad
avere un approccio realistico alla delicata questione. Dalla Liguria il
segretario del Pd osserva: «Credo sia un principio giusto, ma la
possibilità di farlo passare fa i conti con la realtà di oggi. Deciderà
Gentiloni se mettere la fiducia. Io l’ho fatto sulle unioni civili.
Comunque non darò mai noia a Paolo».
Nelle loro dichiarazioni
ufficiali i ministri del Pd insistono su questo provvedimento. Dice
Minniti: «Un Paese che non costruisce muri ma governa i flussi e crea
integrazione deve avere il coraggio di dare nazionalità a chi è nato qui
da genitori che soggiornano regolarmente e lavorano nel nostro Paese».
Sottolinea Lotti: «Sono convinto che il Pd porterà a casa questo
risultato. Non so dire quando ma ci riusciremo».
Ma al di là delle
parole e delle buone intenzioni, sono i numeri quelli che contano. Al
Senato, dove finora sono 50.074 gli emendamenti previsti allo ius soli
(quasi tutti presentati dalla Lega), mancano all’appello i voti di
Alleanza popolare. I Cinque stelle sono contrari, il via libera di Ala
appare improbabile e ancora di più quello di Gal. E questa volta,
ragionano a Palazzo Chigi, Forza Italia non farà al centrosinistra la
cortesia di uscire dall’Aula. Non su questo: Berlusconi non si vorrà
intestare l’approvazione della legge. E il governo, per parte sua, non
parrebbe proprio intenzionato a usare lo strumento della fiducia, dal
momento che uno dei partiti della maggioranza, cioè Ap, ha manifestato
più di una perplessità su quel provvedimento.
Luigi Zanda sembra
l’unico effettivamente convinto che si possa riuscire nell’impresa, ma
gli altri dirigenti del Partito democratico appaiono alquanto scettici,
benché formalmente affidino ogni decisione sull’iter dello ius soli al
capogruppo al Senato, che effettivamente sta agendo in piena autonomia
rispetto al premier e al segretario del partito. Del resto, ai primi di
agosto, dopo che il provvedimento era stato congelato a causa delle
fibrillazioni interne alla maggioranza di governo, Renzi aveva
manifestato le sue preoccupazioni: «Si sono ridotte le possibilità che
passi in questa legislatura».
Ma i numeri sfavorevoli allo ius
soli non riguardano solo il Parlamento. Ci sono i sondaggi, che parlano
in maniera inequivocabile. Già prima della pausa estiva, dalle
rilevazioni emergeva un dato che non poteva passare inosservato: lo ius
soli faceva perdere al Pd due punti in percentuale al mese. E la
situazione da allora non è migliorata: i fatti di Rimini hanno
influenzato pesantemente l’opinione degli italiani sulla legge.
C’è
un altro ostacolo lungo la strada del provvedimento. Quello
rappresentato dall’atteggiamento degli amministratori. Ci sono infatti
sindaci (non sono pochi e alcuni sono del Pd) che hanno già espresso le
loro perplessità e contrarietà sullo ius soli.