il manifesto 5.9.17
La svolta di Tsipras: erede di Andreas Papandreou
Dibattito
nella sinistra greca. Per il premier di Atene il leader socialsita ebbe
la capacità di difendere la coesione sociale in un momento difficile
dicendo addio alle idee radicali
di Teodoro Andreadis Synghellakis, Fabio Veronica Forcella
Alexis
Tsipras si propone, come erede della migliore tradizione socialista del
Pasok di Andreas Papandreou. E per farlo, il primo ministro greco ha
scelto la data del 3 settembre (a 43 anni esatti dalla fondazione del
Movimento socialista panellenico), con un suo articolo, pubblicato sul
giornale di Atene Documento.
«Andreas era un bugiardo?», si domand
il leader di Syriza, e subito dopo aggiunge: «La nascita, il percorso
del Pasok e il suo punto finale, come anche il ruolo di Andreas
Papandreou negli anni dopo la caduta del regime dei colonnelli, si
prestano non solo a una ricerca storica, ma anche a conclusioni
politiche, molto utili per la realtà odierna. Il confronto e lo scontro
sul Pasok di ieri somigliano molto alle dispute sul presente della
Grecia».
Tsipras ricorda che il Movimento socialista panellenico,
all’inizio accusato da alcuni di essere estremista e amico del
«terrorismo» di quel periodo, è riuscito, in pochissimi anni, a
tramutarsi in un partito che ha vinto le elezioni e che è riuscito a
lasciare una forte traccia negli anni di vita democratica del Paese. Un
fenomeno che è al centro di molti dibattiti e analisi. E lo stesso vale,
scrive il leader di Syriza, per gli sviluppi successivi, in cui un
partito che credeva in se stesso e nel cambiamento, «ha detto addio alla
sua identità radicale».
Il messaggio, secondo molti analisti, è
chiaro: Alexis Tsipras si propone come erede del miglior periodo di
governo di Andreas Papandreou, come anche della forza innovatrice, di
rottura verso equilibri sedimentati da decenni, che aveva portato il
Pasok nel 1981 al governo con un trionfale 48%. Il dibattito, dentro e
fuori Syriza, è ufficialmente aperto.
Riguardo alla figura di
Papandreou, il giudizio del leader della sinistra radicale greca, è ben
chiaro. «Andreas Papandreou ha subito forti attacchi dall’establishment
dell’epoca, come lo chiamava lui stesso, che lo accusava di essere
populista, ingannatore delle folle, bugiardo. Ma la verità, che va detta
– per quante obiezioni si possano avere sul suo percorso successivo – è
una sola: disponeva del fiuto politico necessario per comprendere il
periodo storico del ristabilimento della democrazia, i bisogni e le
grandi possibilità che rappresentava», scrive Tsipras.
E ribadisce
che il Pasok è stato il risultato di un periodo storico, ma anche di un
leader che è riuscito a riconoscerlo con esattezza. Un leader che ha
cercato di unire tre diverse generazioni: quella della lotta di
liberazione contro gli occupanti nazifascisti, degli studenti mobilitati
contro i governi di destra all’inizio degli anni ’60, e quella della
rivolta del Politecnico contro i colonnelli.
Tsipras decide di
fare questa apertura verso la tradizione socialista proprio del momento
in cui il centrosinistra prova a riorganizzarsi e a trovare una nuova
figura rappresentativa. Proprio in questa fase il primo ministro di
Atene dichiara di essere lui, sostanzialmente, l’erede politico di
Andreas Papandreou. Per il fatto (non lo scrive ma il parallelismo è
chiaro) di aver sfidato l’establishment, di aver cercato – malgrado
enormi difficoltà – di difendere le classi sociali più deboli, e non
aver riconsegnato la Grecia alle destre.
«Abbracciando tutto il
popolo dell’antidestra, il Pasok è riuscito a diventare fortissimo»,
ricorda. Nell’articolo non manca anche un’analisi impietosa della storia
più recente del Movimento socialista panellenico. Quando, cioè, è stato
«incapace di opporsi alla forte ondata neoliberista» e «il nuovo Pasok
di Kostas Simitis e dei cosiddetti riformisti si è tramutato in una
forza di opposizione al cosiddetto vecchio Pasok, fino ad azzerarlo».
Diventando, alla fine «un alleato di una destra nell’imposizione del
regime dei memorandum di austerità». Secondo Tsipras, chi accusa oggi
Syriza di essere la continuazione del Pasok, in realtà, esprime la
stessa, perenne paura. La paura dell’establishment e delle commistioni
di interessi.
La grande sfida, per il leader di Atene, è ora
quella di riuscire a rappresentare solo la tradizione più preziosa del
socialismo greco.