il manifesto 5.9.17
Dalla guerra di trincea alle speranze russe
Novecento. «1917. L’anno della rivoluzione» di Angelo D'Orsi, per Laterza
di Massimo Congiu
Il
1917 è un anno di svolta nella Grande guerra e nella politica mondiale.
È proprio allora che, nelle trincee, il morale dei soldati crolla e la
rivoluzione diventa ai loro occhi una possibilità di liberazione.
Un’opportunità di riscatto delle classi subalterne, costrette a una
sfibrante guerra di posizione in nome di un obiettivo che sfugge ormai
anche a molti di coloro i quali avevano invocato il ricorso alle armi.
La
storia di quest’anno memorabile è raccontata in 1917. L’anno della
rivoluzione (Laterza, pp. 280, euro 18), di Angelo D’Orsi, ordinario di
Storia del pensiero politico all’Università di Torino e direttore della
rivista di storia critica, Historia Magistra, nonché di Gramsciana.
Rivista internazionale di studi su Antonio Gramsci.
Il volume
articola efficacemente la narrazione percorrendo l’anno mese per mese ed
evidenziando gli avvenimenti che lo hanno maggiormente caratterizzato,
senza dimenticare di aprire squarci su fatti minori che contribuiscono a
cogliere l’atmosfera di allora.
IL FILO CONDUTTORE è il conflitto
mondiale che al suo inizio crea illusioni su una sua veloce soluzione
ma che ben presto mostra il suo vero volto di sfiancante guerra di
trincea. Essa rappresenta un brutale ingresso nella modernità con la sua
tecnologia della morte e le sue nuove armi che cominciano a descrivere
l’orizzonte della guerra totale. È proprio con la Prima guerra mondiale
che il confine tra obiettivi civili e militari inizia a sfumare. Gas e
nuovi strumenti di uccisione di massa sono un’anticipazione dell’ancor
più devastante Seconda guerra mondiale.
La paura e il crollo
psicologico piegano soldati vestiti di diverse divise che si ammutinano e
disertano incorrendo nei rigori della disciplina militare che si
indurisce per scoraggiare il fenomeno. Anche il papa si esprime
pubblicamente perché i leader dei paesi belligeranti pongano fine
all’inutile strage, e le sue parole vengono accolte con fastidio dai
destinatari.
MA QUA E LÀ C’È FERMENTO, c’è un’agitazione di masse
che esprime malcontento e voglia di cambiare lo stato delle cose: gli
eventi rivoluzionari decisivi vengono anticipati da quelli del 1905 a
Pietroburgo, quando, con la cosiddetta «domenica di sangue» e i suoi
morti di fronte al palazzo dello zar, ha inizio una prima rivoluzione
che viene sconfitta, ma scuote il morale di un popolo da tempo vessato. È
l’inizio di un qualcosa destinato a scrivere lunghe pagine di storia, e
l’appuntamento con la svolta epocale è solo rimandato.
Tra il 23 e
il 27 febbraio le strade della capitale russa sono teatro della seconda
rivoluzione e da allora si assiste a un’accelerazione degli eventi che
sfociano nell’abdicazione del nuovo zar, su pressioni del neo costituito
governo provvisorio, e nella fine del potere monarchico in Russia.
SI
ARRIVA, COSÌ, ai «dieci giorni che sconvolsero il mondo», per dirla con
John Reed, il giornalista statunitense che segue lo svolgersi dei fatti
rivoluzionari per poi descriverli nel 1919 in forma di reportage. Nella
notte del 24 ottobre il Milrevkom si impadronisce dei luoghi strategici
della città, e la mattina dopo Lenin dichiara ufficialmente destituito
il governo provvisorio e proclama l’assunzione del potere del Milrevkom
in nome del Soviet. Nel marzo del 2018 la Russia uscirà dalla scena
bellica con gli accordi di Brest-Litovsk.
Come scrive Angelo
D’Orsi, «la modernità introdotta dalla Grande guerra è l’anticamera
della politica delle masse, di enormi cambiamenti sociali, delle
rivoluzioni e delle controrivoluzioni, del totalitarismo». Diventa un
laboratorio politico che disegna gli schemi degli anni immediatamente
successivi e va detto che morte, distruzione e sofferenza a parte, la
Grande guerra genera anche la spinta propulsiva di eventi importanti o
decisivi, capaci di cambiare il mondo in meglio, pure se solo per un
periodo di tempo limitato.
È DALLA RUSSIA che giungono nuove
speranze di svolta per i militari bloccati in trincea e per le masse
subalterne vittime dell’imperialismo e delle sue guerre e, come conclude
l’autore del pregevole volume, il 1917 «è anche l’anno delle sommosse e
degli ammutinamenti, dei tumulti e delle rivolte: di donne, soldati,
operai… È l’anno della rivoluzione».