il manifesto 26.9.17
Il premier dell’Anp Hamdallah presto a Gaza
Fatah/Hamas.
Presiederà una riunione del governo di consenso nazionale in modo da
assumere il controllo anche della Striscia. Hamas appluade ma la strada
della riconciliazione interna palestinese è ancora lunga
di Michele Giorgio
Prosegue
il processo di riconciliazione tra Fatah e Hamas dopo la decisione
presa dal movimento islamico di dissolvere il “Comitato amministrativo”,
il governo alternativo a quello dell’Anp a Ramallah che aveva formato
all’inizio dell’anno. Il presidente Abu Mazen da parte sua negli ultimi
mesi ha tagliato finanziamenti e suddidi destinati a Gaza allo scopo di
costringere Hamas a cedere, finendo però per colpire la popolazione
civile palestinese costretta, tra le altre cose, a vivere con appena 2-3
ore di elettricità al giorno. Dopo l’apertura degli islamisti, avvenuta
su pressione egiziana, il primo ministro dell’Anp Rami Hamdallah ha
fatto sapere che il 2 ottobre andrà a Gaza dove, il giorno successivo,
presiederà una riunione di governo.
I palestinesi si augurano che
le due forze politiche mettano fine allo scontro di cui sono
protagoniste dal giorno della vittoria della lista islamica alle
elezioni legislative in Cisgiordania e Gaza del 2006, culminato l’anno
successivo con la presa del potere nella Striscia da parte di Hamas.
«Auspichiamo che il governo abbia successo nell’adempimento dei propri
doveri e nell’assunzione delle proprie responsabilità», ha commentato
ieri Hamas. «Bisogna cogliere l’opportunità favorevole di realizzare la
riconciliazione palestinese poiché questa è l’ultima chance», ha
avvertito da parte sua il coordinatore speciale dell’Onu per il
negoziato in Medio Oriente, Nicolay Mladenov. «Mi congratulo per la
decisione di Hamas di sciogliere il comitato amministrativo a Gaza e di
chiedere al governo palestinese di assumersi i suoi incarichi nella
Striscia», ha aggiunto.
Le perplessità non mancano. Lo stesso
Mladenov ha ricordato che «in dieci anni di divisione i palestinesi
hanno assistito a molti accordi firmati ma mai attuati». Il clamoroso
fallimento della riconciliazione nel 2014 è ancora nella memoria di
tutti. Anche in quella occasione Fatah e Hamas si dissero pronti a
lavorare insieme. E diedero vita al governo di consenso nazionale,
formato da tecnici, ancora in carica. Hamdallah si recò con i suoi
ministri a Gaza, per estendere su quel lembo di terra palestinese
l’autorità del suo esecutivo. Ma il tentativo, non coordinato con Hamas,
non ebbe successo e il premier di fatto fu costretto a lasciare Gaza,
per evitare conseguenze “spiacevoli”. Accadrà anche questa volta?
Probabilmente no. Le parti sembrano meglio disposte rispetto a tre anni
fa e hanno bisogno della riconciliazione. Hamas cerca consensi locali e
regionali per superare l’isolamento in cui si trova, in particolare da
quando il Qatar, suo sponsor, è stato a sua volta isolato dal
boicottaggio dell’Arabia saudita e dei suoi alleati. Abu Mazen ha
bisogno dell’unità nazionale per rafforzare la sua posizione, sempre più
vacillante di fronte alla mancanza di prospettive per la sua linea
della trattativa con il governo israeliano che lo boicotta e per il
crescente disinteresse occidentale e arabo verso la questione
palestinese. Il nodo principale è il controllo militare di Gaza, al
quale Hamas non sembra disposto a rinunciare