il manifesto 24.9.17
Madrid: «Il Mossos dipende da noi»
Catalogna. Il ministro dell’interno catalano: «La nostra polizia rimarrà autonoma». Perquisita la sede dei domini «.cat»
di Luca Tancredi Barone
BARCELLONA
 Ieri non era stata convocata alcuna manifestazione ufficiale, a parte 
l’ormai abituale casserolada informale alle 10 della notte dai balconi. 
Ma non sono mancati i colpi di scena.
Il più allarmante è stato la
 notizia che, per ordine della Procura del Tribunale di giustizia 
catalano (che dipende indirettamente dal governo), tutti gli interventi 
delle forze dell’ordine relativi al primo d’ottobre saranno coordinate 
da un responsabile del ministero degli interni, il colonnello della 
Guardia Civil Diego Pérez de los Cobos.
Tutte le forze 
dell’ordine: Guardia Civil, Policia nacional e anche il Mossos, la 
polizia catalana che in teoria è autonoma e dipende dal governo 
catalano. La decisione è stata comunicata in mattinata, alla presenza 
dello stesso Pérez de los Cobos e del procuratore generale catalano, ai 
responsabili dei tre corpi di polizia. Anche se formalmente si tratta 
dell’applicazione di una norma del 1986 che prevede che le polizie 
regionali possano essere coadiuvate dalle polizie nazionali «nel caso 
non dispongano di mezzi sufficienti» per l’esercizio delle loro 
funzioni, e che in questo caso sarebbero coordinate dalle forze di 
polizia nazionali, la decisione viene letta dal governo catalano come 
uno scippo di poteri.
IL MINISTERO DEGLI INTERNI lo ha smentito, 
dicendo che le polizie dipendono come sempre dai giudici inquirenti, e 
limita l’effetto della decisione giudiziaria alla «continuazione dei 
propositi delittuosi» degli organizzatori del referendum. Ma il ministro
 degli interni catalano Joaquim Forn ha subito dichiarato che né lui né i
 Mossos accetteranno la decisione della Procura. Tecnicamente, però, la 
disobbedienza avverrà solo lunedì se l’ormai famoso (grazie agli 
attentati d’agosto) capo dei Mossos, Josep Lluís Trapero, non si 
presenterà alla riunione di coordinamento presieduta da Pérez de Cobos.
L’ARGOMENTO
 SOLLEVATO da Forn è di tipo giuridico, e infatti ha annunciato che 
impugneranno l’atto: la procura, dice, invade competenze non sue secondo
 lo statuto catalano e una legge spagnola. Curioso: non è la prima volta
 che, in questi giorni, proprio chi ha approvato senza nessuna 
competenza per farlo una legge per istituire un referendum e una legge 
di transitorietà giuridica con valore costituzionale, e che dice di non 
voler riconoscere l’autorità del Tribunale costituzionale che le ha 
annullate, si appella proprio al Tribunale costituzionale, e alle altre 
istituzioni inevitabilmente spagnole per difendere i propri diritti.
UNA
 DELLE CONTRADDIZIONI di questo processo, in cui chi fa vanto della 
disobbedienza della legge – una posizione legittima – poi però non vuole
 farsi carico delle conseguenze giuridiche (soprattutto se colpiscono il
 portafogli), e chi parla di democrazia, di stato di diritto e di difesa
 dei cittadini catalani, finisce per impedire la libertà di stampa e 
associazione, schiaccia il dissenso politico e mette a rischio gli 
stipendi di migliaia di lavoratori col blocco dei conti in banca di 
università ed enti di ricerca.
LA REPRESSIONE del governo spagnolo
 tocca anche internet. A parte le denunce degli hacker che hanno aiutato
 a duplicare i siti sul referendum sichiusi dalla polizia, ieri El País 
in prima pagina riportava con grande enfasi un articolo che accusava «la
 macchina di ingerenza russa» di manipolare il processo catalano. Poi in
 realtà però non sosteneva in nessun punto del lungo articolo questa 
grave accusa, riportando solo le notissime posizioni pubbliche di 
Assange e Snowden rispetto al processo catalano, accusandoli 
genericamente di essere filo-russi e di avere molti follower che sono 
bot, cioè robot delle reti sociali.
MA LA NOTIZIA più inquietante,
 che viene anche riportata in un lungo articolo del New York Times, è la
 denuncia della Internet Society. Secondo quest’ong americana, «sono 
state riportate misure che restringono il libero accesso alla rete in 
Catalogna». Secondo la nota, alle principali compagnie telefoniche è 
stato chiesto «di monitorare e bloccare» l’accesso a siti politici ed è 
stata perquisita la sede dei registri dei domini «.cat» a Barcellona. 
«Riteniamo che azioni che impediscono la capacità di qualsiasi comunità 
locale di utilizzare internet liberamente sono inaccettabili”, dice la 
Internet Society.
«La decisione giudiziaria contro il .cat ha un 
effetto sproporzionato che diminuisce la libera espressione e ha un 
ingiusto impatto sulla possibilità che le persone che parlano catalano 
possano creare, condividere e accedere a contenuti online».
 
