Il Fatto 24.9.17
Migranti, dalla solidarietà alle espulsioni
Così Merkel ha fatto il gioco dell’AfD
Nel paese simbolo dell’integrazione. I l sindaco Richard Arnold: il governo ha alimentato le paure
di Francesca Sforza
«Si
ricorda quando la cancelliera Angela Merkel pronunciò la frase “Wir
schaffen das”, noi ce la possiamo fare?», chiede Andreas Schuetze,
direttore del dipartimento Migrazione di Stoccarda, capitale del Baden
Württemberg. «Il problema - continua - chi è “wir” e cos’è “das”?». Qui
se lo ricordano ancora cosa accadde in quell’agosto 2015, quando la
frase fu pronunciata, e i centralini di tutto il Land squillavano a
ripetizione con richieste d’aiuto da parte di Monaco, nella vicina
Baviera: «Potete accoglierne 60, 20, cento, un pullman? Quante palestre
libere avete, quante scuole, quante chiese?». Ma l’ora della solidarietà
è passata, è arrivato il tempo dell’«Abschiebung». «Per noi non è una
bella parola - dice ancora Schuetze - è la stessa che si usava durante
la guerra, deportazione». Oggi chi non è in regola viene rimandato a
casa, le regole sono tante, e i migranti spesso sono senza documenti:
«La cosa più difficile è stabilire se siano minorenni o meno, sembrano
tutti più vecchi di quello che sono».
A pochi chilometri da
Stoccarda c’è però un buon esempio di «chi è “wir” e cos’è “das”». Lui
si chiama Richard Arnold, è il sindaco Cdu di Schwäbisch Gmünd, cuore
dell’indotto Mercedes e Bosch, che fanno di questo Land l’equivalente
della Svezia, quanto a ricchezza. Finì su tutti i giornali tedeschi nel
2013 per «sfruttamento dei migranti»; sembrava infatti che li avesse
messi a caricare e scaricare bagagli alla stazione senza compenso, e
persino con dei ridicoli cappelli di paglia, tipo «capanna dello zio
Tom». «Poi però la verità fu ristabilita», ci dice Arnold mostrando le
pagine della Faz, della Sz e servizi di Spiegel e Stern. Che cos’era
successo? «È successo che qui abbiamo cominciato con l’integrazione già
nel 2012, perché questa è una terra dove i migranti ci sono sempre
stati, prima gli italiani, poi i turchi, ora gli africani e i siriani».
Arnold ha capito tra i primi che per evitare che la sua comunità
saltasse in aria bisognava «farne un tema, una filosofia». E con un raro
entusiasmo, tirò su uno spettacolo al centro del paese, in occasione
del giubileo cittadino, in cui tutti - «e quando dico tutti intendo
tutti» - ebbero una parte, sul palco o dietro le quinte: «Una festa
identitaria per più identità». Fu così che alcuni di quei migranti,
qualche tempo dopo, si offrirono volontari per aiutare anziani e
famiglie a portare i bagagli, «all’epoca la nostra stazione era
piuttosto disagiata». Il sindaco approvò: «Per me era un successo che i
migranti si sentissero talmente parte della comunità da offrirsi
volontari per risolvere un disagio ai loro concittadini, così consegnai
loro delle magliette con su scritto il loro nome, e mi creda, erano
molto orgogliosi». E i cappelli di paglia? «Erano avanzati dallo
spettacolo...». Poi nel 2014 c’è stata la Fiera del Giardinaggio, «e
anche lì la loro partecipazione è stata grandissima, negli stand, nei
servizi, nell’accoglienza - ricorda Arnold - quindi le sarà chiaro che
nel 2015 noi eravamo pronti da almeno tre anni». Magari non con le
infrastrutture - precisa - «ma con la testa».
Da allora, per
tutti, quella è diventata la «Gmünder Weg», (la Sonderweg in
storiografia definisce la via speciale dello sviluppo economico tedesco
nel quadro delle nazioni moderne), un sistema di «dare e avere, che crea
responsabilità in chi viene accolto». Ma se fino a qualche tempo fa la
strada sembrava tracciata, adesso si è fatta sconnessa: «Il governo, a
parole, sostiene l’accoglienza, ma nei fatti la ostacola, rendendo
complicato l’accesso al diritto d’asilo, e preferendo la politica delle
espulsioni». Il sogno di una Green Card tedesca, che Arnold aveva
coltivato come possibile evoluzione del «Wir schaffen das», è sfumato. E
al suo posto sono spuntati provvedimenti e ostacoli a chi vuole restare
qui per vivere e lavorare: «Sa che tanti delinquono pur di restare in
una prigione tedesca in attesa di processo e anche di condanna?»
Il
risultato di questa stretta, secondo Arnold, non solo non ha convinto
l’elettorato di destra, ma ha creato un clima di paura e di ansia. «E se
c’è da scommettere sulla paura, l’AfD è più brava di noi, non fosse
altro perché non si occupa di trovare soluzioni, ma di alimentare
consensi, appunto grazie alla paura».