il manifesto 23.9.17
Ora Renzi pensa anche alle primarie
Verso
le elezioni. Mossa possibile per agganciare Pisapia al Pd. Vendola
attacca l’ex sindaco: «Un uomo generoso. Soprattutto con se stesso»
di Andrea Colombo
ROMA
Legge elettorale, Def (con l’obbligo di maggioranza assoluta), legge di
bilancio. L’incrocio è pericoloso, Gentiloni si sta dando da fare per
disinnescare le mine. Anzi la mina, perché il rischio, dopo l’affondo di
D’Alema mercoledì sera alla festa di Sinistra italiana, si chiama Mdp.
Irritati per la legge elettorale che non condividono e che è stata
bocciata anche da Pisapia, ancor più contrariati per non essere mai
stati consultati sulla finanziaria, gli ex Pd non garantiscono il voto a
favore del Def, e ancor meno quelli nel prosieguo della legge di
bilancio.
Gentiloni ha posticipato di 24 ore la riunione del
Consiglio dei ministri chiamata a definire la Nota di aggiornamento al
Def proprio per ripulire il testo, rendendolo il più tecnico e anonimo
possibile. Ma in realtà i rischi sono limitatissimi per non dire
inesistenti. Una volta svincolati da programmi di riforma, ai quali
erano invece collegati negli anni scorsi, la Nota e il Def sono testi
essenzialmente tecnici e per Mdp, che certo non mira a provocare una
crisi ora, non sarà difficile votarli. I dolori, se ci saranno,
arriveranno con la legge di bilancio.
In mezzo, dopo il voto sul
Def del 4 ottobre e prima che al Senato parta la legge di bilancio,
scoccherà l’ora della verità sulla legge elettorale. Per i travagli
della sinistra la risposta all’enigma del voto segreto di Montecitorio
sarà determinante.
Sulla carta anche l’approvazione del
Rosatellum, sul quale al momento pochissimi azzarderebbero scommesse,
non cambierebbe niente. Giuliano Pisapia ha già bocciato la proposta,
che del resto ha poco a che vedere sia col Mattarellum che con una vera
legge di coalizione.
Le cose però cambierebbero se Renzi offrisse
all’ex sindaco di Milano le primarie, ipotesi che starebbe considerando
seriamente. «Mi pare difficile dal momento che questa non è una vera
legge di coalizione: non prevede né un programma né un candidato
comune», commenta dall’interno di Mdp Arturo Scotto e ha certamente
ragione. Ma si sa che la fantasia dei politici italiani è illimitata e
al segretario del Pd non mancherebbero certo alibi per convocare
ugualmente primarie che è sicuro di stravincere.
A quel punto,
senza alcun dubbio, Pisapia parteciperebbe e sarebbe poi costretto a
entrare nella coalizione. A maggior ragione se dal Pd arrivassero i due
segnali che ha chiesto: l’approvazione dello Ius soli e una legge di
bilancio in discontinuità (magari lieve) col passato.
Quasi
certamente Mdp non lo seguirebbe, anche se un travaso dalla file degli
ex Pd a quelle del Campo progressista sarebbe nell’ordine delle cose. Il
divorzio aprirebbe le porte a un’alleanza, anzi a una lista comune, con
Sinistra italiana.
Il vero elemento che impedisce la formazione
di quella lista comune è in realtà proprio Pisapia, e se qualcuno ne
avesse dubitato ci ha pensato Nichi Vendola, col suo durissimo attacco
di ieri a certificarlo: «Pisapia è un uomo generoso. Soprattutto con se
stesso».
«Noi – aggiunge il senatore Peppe De Cristofaro – siamo
per una forza alternativa a tutte le altre in campo, aperta all’intera
sinistra». Progetto incompatibile con quello di Pisapia, che vuole
tenere spalancata la possibilità di un accordo con Renzi per il
dopo-elezioni.
Idea che per la verità pare difficilmente
conciliabile anche con gli umori di una parte sostanziosa di Mdp. Ieri,
ad esempio, Scotto ha invitato Roberto Fico, cancellato dal palco a 5
Stelle di Rimini, alla festa dell’Mdp: «Le porte sono aperte». Una
battuta certo, ma che denota uno spirito difficilmente assimilabile al
progetto di intesa con Renzi, prima o dopo le elezioni.