il manifesto 23.9.17
L’Egitto fa terra bruciata attorno a Regeni
Diritti
umani. Raid della polizia nella sede dell’Ecfr, consulenti della
famiglia. L’avvocato Metwally, rapito e scomparso per alcuni giorni,
denuncia torture in carcere. La doppia faccia di al Sisi. Mentre
rassicura Gentiloni, a margine dell'Assemblea generale dell'Onu di New
York, agli altri paesi arabi dice: «La colpa è del ricercatore. L'Italia
sta esagerando»
di Pino Dragoni
Non si ferma il
giro di vite contro i difensori dei diritti umani in Egitto. Il 21
settembre è stata un’altra giornata drammatica, segnata da un raid
compiuto nella sede della Commissione Egiziana Diritti e Libertà (Ecrf),
che segue anche per conto della famiglia il caso di Giulio Regeni.
L’autorità per gli investimenti ha fatto visita alla sede
dell’organizzazione accompagnata da agenti della National Security e da
una camionetta della polizia, minacciando di apporre i sigilli alla
porta. Gli avvocati presenti negli uffici si sono opposti e sono
riusciti a scongiurare la chiusura, dichiarando che l’organizzazione è
regolarmente registrata come studio legale e non viola alcuna legge
(molte organizzazioni per i diritti umani in Egitto evitano di
qualificarsi come Ong per evitare le pesantissime restrizioni imposte).
Già nell’ottobre 2016 l’associazione aveva subito una visita simile con
tanto di perquisizione tra i faldoni sui casi dei desaparecidos.
«Non
è una coincidenza il fatto che l’Ecrf avrebbe presto ricevuto la
famiglia di Giulio Regeni, per continuare ad aiutare le indagini sulla
sparizione forzata e la morte di Regeni nel 2016», afferma un comunicato
della Commissione, che si esprime anche a nome dei genitori Paola e
Claudio. L’organizzazione poche settimane fa aveva rilasciato un
rapporto in cui documentava 378 casi di sparizioni forzate avvenute nel
periodo agosto 2016-agosto 2017, accusando le forze di sicurezza come
principale responsabile di questi episodi. Il sito dell’Ecrf è oscurato
in Egitto dal 5 settembre. «Stanno facendo terra bruciata intorno ai
Regeni», è il commento di Maaty el-Sandouby, giornalista egiziano
residente in Italia e co-fondatore dell’associazione delle famiglie dei
desaparecidos, «così che quando i Regeni andranno in Egitto non
troveranno più nessuno ad aiutarli».
E sempre giovedì è circolata
la notizia secondo cui l’avvocato Ibrahim Metwally sarebbe stato
torturato in carcere. Arrestato il 10 settembre all’aeroporto del Cairo,
Metwally è coordinatore dell’Associazione delle famiglie vittime di
sparizione forzata, con cui l’Ecrf collabora per consulenze legali. Da
martedì 14 si trova rinchiuso nella famigerata sezione Scorpion del
carcere di Torah, con accuse pesantissime a suo carico. La notizia delle
torture è stata riferita a TPINews dall’avvocato Mohamed Lotfy, anche
lui membro dell’Ecrf, che riferisce anche la decisione del tribunale di
rinnovare la detenzione per altri 15 giorni in attesa di processo.
Metwally si troverebbe in isolamento, senza energia elettrica, in una
cella piena di spazzatura e, stando a quanto lui stesso avrebbe riferito
ai suoi legali, sarebbe stato lasciato nudo in cella e sottoposto a
scosse elettriche.
Nel frattempo il governo italiano non solo si
ostina nel suo imbarazzato silenzio a proposito di queste gravissime
violazioni contro attivisti egiziani (che interferiscono direttamente
con l’inchiesta sul caso Regeni), ma procede spedito sulla via della
normalizzazione delle relazioni. Infatti, nelle stesse ore in cui le
forze di sicurezza egiziane attaccavano gli uffici dell’Ecrf, Gentiloni e
al-Sisi si sono incontravano a margine della 72esima sessione
dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La discussione ha ribadito
la volontà dei due paesi di «rafforzare le relazioni e la cooperazione a
tutti i livelli» e le ormai trite formule di rito sul «massimo impegno
nella ricerca della verità e la consegna dei responsabili alla
giustizia» riguardo al caso Regeni.
Eppure, sempre a margine
dell’Assemblea Onu, la versione dell’Egitto con gli alleati del Golfo
sarebbe stata completamente diversa. Secondo retroscena rivelati ieri da
La Stampa, pressati dagli altri paesi arabi per risolvere l’impasse
diplomatica con l’Italia, alcuni alti funzionari egiziani avrebbero
risposto che «la colpa è stata di Regeni, che il Cairo non ha fatto
nulla di male, e che gli italiani stanno esagerando la questione».
Insomma quasi un’ammissione di colpa secondo La Stampa, se non di un
coinvolgimento diretto di al-Sisi, certamente della forte capacità del
ministero degli Interni «di influenzare, se non ricattare, lo stesso
presidente». E una conferma ulteriore che non sarà fatta mai chiarezza.
Ulteriore
beffa, la firma giovedì di un protocollo d’intesa tra l’accademia di
polizia egiziana e il Ministero degli Interni italiano per istituire un
centro internazionale di formazione al Cairo, finanziato da Italia e Ue.
I corsi organizzati saranno rivolti ad agenti di polizia dei paesi
africani e riguarderanno la messa in sicurezza delle frontiere, la
gestione dei confini, e la lotta ai traffici illegali.
Intanto
Amnesty International lancia una petizione online per la liberazione
immediata dell’avvocato Ibrahim Metwally, disponibile sul sito
www.amnesty.it.