venerdì 1 settembre 2017

il manifesto 1.9.17
La Croce Rossa di Roma: «Se c’è lo stato d’assedio andiamo via dal rione»
Intervista. Parla Debora Diodati, presidente della Croce Rossa di Roma che gestisce il presidio umanitario di via del Frantoio, assaltato martedì notte da una cinquantina di residenti del Tiburtino III.
di Adriana Pollice


ROMA  «Se dobbiamo vivere in uno stato di assedio allora meglio chiudere ma è una sconfitta per tutti» spiega Debora Diodati, presidente della Croce Rossa di Roma che gestisce il presidio umanitario di via del Frantoio, assaltato martedì notte da una cinquantina di residenti del Tiburtino III.
Diodati, quando siete arrivati nel quartiere?
Nel 2015 allestimmo una tendopoli alla stazione Tiburtina dopo lo sgombero di Ponte Mammolo. A ottobre firmammo un protocollo per la struttura di via del Frantoio, cofinanziata da Croce Rossa e comune. Abbiamo assistito 1.850 persone. Soprattutto migranti al di fuori del circuito dell’accoglienza, se non fossero da noi sarebbero per strada, 300 siamo riusciti a immetterli nel circuito di ricollocamento europeo.
Ospitate solo migranti?
Da noi arrivano attraverso la Sala operativa sociale del comune, che ci manda anche italiani in difficoltà. Tutti hanno accesso alle cure mediche attraverso un protocollo con l’Asl. I progetti sono aperti al quartiere come quelli su dispersione scolastica o prevenzione per gli anziani.
Ci sono state molte proteste.
Il diverso spesso è visto come un problema. Ma esiste anche una parte della popolazione che ci supporta, molte associazione svolgono attività da noi. Un’altra parte vuole la nostra chiusura. Sono quelli, soprattutto a destra, che utilizzano ogni episodio per strumentali campagne stampa e social. È facile utilizzare slogan come «prima gli italiani» ma noi non togliamo nulla al quartiere. Bisognerebbe imparare a conoscersi attraverso progetti comuni ma tocca alle istituzioni intervenire. Tiburtino III è sempre stata un’area popolare, con problemi economici e sociali. E comunque protestano anche nella borghese Monteverde. Se chiudessimo il centro, gli 80 ospiti resterebbero perché è la zona che conoscono, ma starebbero in strada.
Cosa è successo martedì?
Quello che sappiamo è che tutto è successo al di fuori dei cancelli del centro, non c’è stato nessun sequestro di persona. I nostri ospiti sono impauriti, stiamo cercando di tranquillizzarli ma non è facile.