il manifesto 16.9.17
La minaccia dell’estrema destra islamofoba
Fenomeno
in crescita. Un terzo dei casi seguiti dagli investigatori viene da
questo ambiente. Alla fine delle inchieste sono stati arrestati 34
neonazisti, pari a circa l’8% del totale
di Guido Caldiron
La
minaccia del terrorismo incombe sulla Gran Bretagna, viene soprattutto
dai sostenitori dell’Isis, ma anche, in parte, dalla destra neonazista.
In un clima politico sempre più velenoso.
A confermare che il
terrorismo di estrema destra rappresenta un fenomeno in crescita sono
prima di tutto i numeri. Il Prevent/Channel, il piano lanciato nel 2003
dal ministero degli Interni per monitorare il circuito dei possibili
simpatizzanti della jihad, e prevenire eventuali attacchi, si occupa
sempre più di frequente dell’estremismo razzista. Secondo i dati
relativi all’ultimo anno, un terzo dei casi seguiti dagli investigatori
viene da questo ambiente e alla fine delle inchieste sono stati
arrestati 34 neonazisti, pari a circa l’8% del totale.
Come ha
dichiarato un portavoce del Consiglio nazionale delle forze dell’ordine,
«siamo impegnati a far fronte a tutte le ideologie che costituiscono
una minaccia per la sicurezza, compresa quella dell’estrema destra». In
realtà, ha replicato Miqdaad Versi, del comitato che riunisce le
comunità musulmane, si tratta invece di un netto cambio di strategia,
visto che la pericolosità di razzisti e islamofobi è stata a lungo
sottovalutata. Del resto, più che per convinzione, le autorità sembrano
aver mutato atteggiamento sulla scorta di quanto sta avvenendo.
È
infatti solo della scorsa settimana la notizia dell’arresto di quattro
militari sospettati di far parte del gruppo neonazista National Action,
sciolto a dicembre dalle autorità, che si sospetta stessero preparando
degli attentati contro i musulmani. Alla medesima formazione faceva
riferimento anche Thomas Mair, il suprematista bianco condannato
all’ergastolo per aver ucciso lo scorso anno la parlamentare laburista
Jo Cox a pochi giorni dal voto sulla Brexit.
Intanto, alla metà di
giugno, Darren Osborne, un 44enne di Cardiff, vicino all’ultradestra,
si era lanciato contro la folla che usciva da una moschea di Finsbury
Park, nel nord della capitale, ferendo 10 persone e provocando la morte
di un anziano cardiopatico al grido di «morte ai musulmani». Allo stesso
modo, in particolare dopo gli attentati jihadisti al London Bridge e al
concerto di Ariana Grande a Manchester, le forze dell’ordine hanno
rivelato un aumento di minacce e violenze anti-islamiche e razziste: di
ben 5 volte superiori al passato nella zona di Londra e addirittura del
500% nell’area della Grande Manchester. A Bradford, nello Yorkshire,
alcune lettere anonime hanno annunciato dei prossimi attacchi con
l’acido contro i musulmani. Spesso le minacce e le aggressioni per
strada hanno coinciso con le manifestazioni organizzate nelle stesse
zone dall’English Defence League e da Britain First, le due più attive
organizzazioni politiche legali anti-islamiche e nazionaliste.
Inoltre,
desta inquietudine il supporto che i gruppi estremisti, oltre mille
iscrizioni arrivate durante l’estate, stanno offrendo alla candidatura
di Anne Marie Waters, già fondatrice di Sharia Watch, associazione
apertamente islamofoba, per la guida dello Ukip dopo le dimissioni di
Paul Nuttall, tra i successori di Nigel Farage alla guida del partito.
Una vittoria di Waters offrirebbe agli estremisti una platea e una sorta
di legittimazione.
«Il problema di fondo – segnala lo storico
dell’Università di Northampton Paul Jackson, tra i maggiori studiosi
dell’estrema destra locale – è che l’islamofobia sta progressivamente
prendendo il posto dell’ideologia del nazionalismo bianco presso i
gruppi radicali e diventa sempre più spesso l’alibi per un passaggio
alla violenza anche in virtù della banalizzazione di cui ha goduto fino
ad ora nella nostra società».