il manifesto 13.9.17
Legge elettorale, rinvio “tirolese”
Alla
camera. Il Pd si tiene stretto il Consultellum: no alla discussione sul
sistema para tedesco per rispettare le richieste dell'Svp
di Andrea Fabozzi
Non
c’è più bisogno di interpretare i discorsi allusivi di Matteo Renzi.
Che l’attuale – e duplice – sistema di voto al Pd vada benissimo lo
dimostrano i comportamenti concreti in parlamento. Alla camera, in
commissione affari costituzionali, ieri pur di non passare al merito
della discussione, che una maggioranza ampia vuole riprendere da dove si
è interrotta prima dell’estate e cioè dal cosiddetto sistema tedesco
rimaneggiato, il relatore Pd Fiano ha chiesto un «approfondimento
regolamentale». Tradotto: una verifica con la presidente della camera
Boldrini sulla possibilità di tornare indietro rispetto al voto dell’8
giugno scorso quando in aula fu approvato un emendamento M5S-Forza
Italia che estende al Trentino Alto Adige le regole valide per il resto
d’Italia. Tradotto ancora meglio è una perdita di tempo.
Il Pd
aveva già sollevato il problema, ma il presidente della prima
commissione, Mazziotti, supportato da ogni possibile parere degli uffici
della camera, aveva spiegato che per il principio del ne bis in idem la
maggioranza non può smentire un voto dell’aula, tantomeno in
commissione. Per questo genere di ripensamenti c’è la seconda lettura
della legge al senato (per fortuna del Pd e di Fiano che ne invocavano
il superamento con la riforma costituzionale). Per una auto-smentita
della camera servirebbe al limite l’unanimità dei gruppi, che non c’è.
Ma il Pd ha un problema diverso, ed è che quel voto semi segreto di
giugno (si ricorderà che per un errore tecnico fu possibile per un
momento leggere il tabellone e scoprire così che i franchi tiratori
decisivi erano del Pd) ha cancellato un privilegio ultradecennale degli
alleati tirolesi della Svp. Alleati più volte decisivi al senato, dove
all’interno del gruppo delle autonomia contano su tre voti diretti e non
di rado sulla solidarietà di altri autonomisti. Svp adesso minaccia di
votare contro il governo; la minaccia come quasi tutto in questi giorni
va letta alla luce del prossimo voto sulla nota di aggiornamento al Def:
la legge rinforzata di attuazione del nuovo articolo 81 della
Costituzione (l’obbligo al pareggio di bilancio) impone la maggioranza
assoluta: 161 voti al senato (quando in quell’aula l’ultima fiducia al
governo ha raccolto appena 148 voti).
Il Pd naturalmente sa bene
che non ci sono margini per tornare indietro, alla camera, sul voto che
ha abolito i collegi uninominali maggioritari del Trentino Alto Adige, e
questa dovrebbe essere la conclusione dell«approfondimento» che
Mazziotti e la presidente Boldrini potrebbero fare già oggi. Ma vuole
dimostrare massimo impegno a Svp, tant’è che Fiano mette a verbale che
«quello del Trentino è un problema politico e la questione posta da Svp è
per noi invalicabile». La soluzione (anche) a questo problema sarà nel
lasciar cadere ogni ipotesi di modifica della legge elettorale e
conservare il Consultellum per il senato e l’Italicum decapitato dal
ballottaggio per la camera. Conclusione buona per Renzi e ormai quasi
inevitabile, a forza di rinvii.