mercoledì 13 settembre 2017

Il Fatto 9.13.17
Chi vincerà la guerra all’Isis? Corsa tra curdo-americani e russo-siriani per l’oro nero
Spallata finale - Le due forze alleate alla conquista del baluardo petrolifero e geopolitico di Deir Ezzor
di Enrico Piovesana

In Siria si avvicina la resa dei conti tra Washington e Mosca, lanciati in una pericolosa corsa per il controllo della più strategica regione del Paese: la provincia orientale di Deir Ezzor, ultima roccaforte dell’Isis dove si trovano i principali giacimenti di petrolio e gas del Paese che finora hanno garantito la sopravvivenza economica del Califfato e porta d’accesso all’Iraq che consentirebbe la realizzazione della ‘mezzaluna sciita’ da Beirut a Teheran: incubo di sauditi, israeliani e americani. In una sorta di riedizione della corsa tra Armata Rossa e Alleati per la liberazione di Berlino alla fine della Seconda guerra mondiale, le forze russo-siriane e quelle curdo-americane si sono lanciate, rispettivamente da ovest e da nord-est, alla conquista dell’ultimo baluardo dello Stato Islamico. La contesa è iniziata dopo che, nei giorni scorsi, l’esercito di Assad, supportato dalle forze speciali russe e dall’aviazione di Mosca oltre che dalle milizie sciite filo-iraniane, sono riuscite a spezzare l’assedio dell’Isis a Deir Ezzor che durava da 3 anni, ricongiungendosi con la resistenza governativa asserragliata dal 2014 nell’aeroporto cittadino. Le forze di Damasco sono riuscite a sfondare le linee del Califfato riconquistando la strategica altura del Monte Thardeh, presa dall’Isis proprio un anno fa, dopo che l’aviazione Usa aveva bombardato “per errore” l’ultima linea delle forze governative a difesa della pista, provocando un massacro fra i soldati siriani (oltre 100 morti e centinaia di feriti) che furono costretti a ritirarsi, consentendo all’Isis di avanzare e chiudere l’assedio.
Verso la città controllata dallo Stato Islamico, colpita anche da missili russi lanciati dalle navi di Mosca nel Mediterraneo, avanzano ora rapidamente anche le milizie curde e quelle arabe filo-saudite delle Forze siriane democratiche (Sdf), supportare dall’aviazione di Washington, che nei giorni scorsi ha anche condotto blitz con squadre di forze speciali per portare in salvo, insieme alle loro famiglie, una ventina di presunte spie occidentali infiltrate negli alti comandi Isis.
Offensive parallele, e per certi versi coordinate, che dopo la sconfitta del comune nemico vedranno inevitabilmente gli schieramenti contendersi il controllo della provincia di Deir Ezzor, dei grandi giacimenti di al-Tank e al-Omar e di tutta l’area a est dell’Eufrate fino al confine con l’Iraq. Proprio in questa regione della Siria orientale, come rivela un documento dell’intelligence militare americana del 2012, gli Usa auspicavano che i ribelli jihadisti sostenuti dall’Occidente e dalle monarchie del Golfo creassero un “principato salafita per isolare il regime siriano sostenuto da Russia e Cina” e contrastare “l’espansionismo sciita di Iran e Iraq”.
Il comando militareUsa ha ammonito l’esercito siriano a fermare la sua avanzata sulla sponda ovest dell’Eufrate, ma Damasco ha già inviato al fronte pontoni e imbarcazioni per oltrepassare il fiume. La riconquista governativa di Deir Ezzor e della Siria orientale rappresenterebbe una svolta militare fondamentale nel conflitto siriano, un passo decisivo verso la vittoria del regime di Assad e dei suoi sostenitori russi e iraniani, una prospettiva che manderebbe all’aria i piani americani, sauditi e israeliani di ridefinizione degli equilibri politici del Medio Oriente.