Il Fatto 6.9.17
Sicilia, il partito di Pisapia diviso su chi sostenere: quindi non deciderà nulla
Correnti
- Campo progressista spaccato tra chi vuole allearsi con Renzi e Alfano
(Tabacci & C.) e chi ritiene più saggio sfilarsi dalla contesa
sull’isola: il leader d’accordo coi secondi
di Tommaso Rodano
Pisapia
sostiene Micari. Anzi no: Pisapia si sfila dalla contesa siciliana.
Pisapia rompe con Bersani e compagni. Anzi no: Pisapia incontra Speranza
e conferma il percorso comune con Articolo 1 – Mdp, malgrado le
tensioni sull’isola.
Insomma, nulla di fatto. L’ultima puntata
della telenovela estiva della sinistra italiana si risolve nel
pomeriggio con nuove contraddizioni e due comunicati ufficiali, a
stretto giro di posta.
Nel pomeriggio lo “stato maggiore” di Campo
Progressista si riunisce a Roma; un gruppetto che va dall’ex
democristiano Bruno Tabacci all’ex vendoliano Marco Furfaro.
Pisapia
viene intercettato dai cronisti alla fine dell’incontro e riconosce:
“In Sicilia Mdp ha fatto scelte che non condividiamo” (ovvero la
candidatura di Claudio Fava). Dunque Pisapia va con Micari? No. Pochi
minuti dopo, ecco il comunicato di Campo progressista: “I partiti in
Sicilia stanno giocando una competizione nazionale: da un lato fondata
su uno schema di alleanze ambigue e innaturali rispetto al mondo
progressista, e dall’altro basato sull’ennesima riproposizione di uno
schema di testimonianza, seppur nobile, già fallito in passato”. Un
colpo al secchio (il Pd che imbarca Alfano, “alleanza ambigua e
innaturale”) e uno alla botte (Mdp, che si condanna a una battaglia “di
testimonianza”). Pisapia quindi non sceglie tra Micari e Fava, ma chiede
ai due candidati “ogni sforzo per ritrovare l’unità del
centrosinistra”. Altrimenti, potrebbe sfilarsi dalla contesa siciliana.
Il
fatto è che il micropartito dell’ex sindaco (valore elettorale stimato
dai sondaggisti attorno all’1%) è già composto da sensibilità piuttosto
distanti tra loro, diciamo. Così a margine della riunione Furfaro esulta
perché “non siamo finiti in braccio ad Alfano”, mentre Tabacci è
imbufalito con la sinistra: “Mdp non si era opposta a Micari, ma ha
cambiato idea a causa di una presunta telefonata tra Renzi e Leoluca
Orlando. Ma si può fare politica così? In questo modo si fa il gioco di
Berlusconi e il centrosinistra perde. Evidentemente Mdp ha deciso che
vogliono perdere”.
Malgrado tutto, Pisapia riesce a prendere
ancora tempo. E il suo equilibrismo è sufficiente a evitare la rottura
del fragile percorso comune con Bersani e compagni. Dopo la riunione di
Campo progressista infatti l’ex sindaco raggiunge Roberto Speranza in
via Zanardelli, sede di Mdp. Un incontro che produce un altro comunicato
ufficiale, stavolta da parte degli ex Pd: “Le attuali diverse
valutazioni sulle elezioni in Sicilia non incidono sulla prosecuzione
del percorso unitario per la costruzione di un nuovo centrosinistra in
discontinuità con le attuali politiche del Pd. Continuerà ancora
l’impegno comune non solo a livello nazionale, ma anche in tutte le
altre regioni che andranno al voto nel 2018”. L’ennesimo incontro tra le
parti sarà lunedì.
Ora in Sicilia cosa succede? Intanto arriva
l’ufficialità del ritiro del governatore Rosario Crocetta. Correrà con
Micari: “Per me è un giorno di liberazione personale. Ho fatto cinque
anni di sacrifici terribili”. Poi c’è Micari che approfitta dell’uscita
di Pisapia per chiedere l’appoggio di Fava: “Incontriamoci e discutiamo,
cercando di trovare le ragioni dell’unità”. Fava risponde subito: “Non
ho problemi a incontrare il rettore, ma di cosa vuole discutere? Ci
confrontiamo in concreto sulla coalizione e sul candidato? Pisapia ha
parlato di alleanze innaturali e ambigue. Bene: se il partito di Alfano
esce dalla coalizione e si sceglie un cambio di rotta rispetto al
governo Crocetta, io non ho difficoltà a confrontarmi con lui nelle
primarie”. Una linea concordata con Roberto Speranza: “Se Renzi molla
Alfano, siamo disponibili alle primarie di coalizione tra Fava e Micari
anche tra una settimana”.
La palla torna dunque nel campo dell’ex
presidente del Consiglio e di Leoluca Orlando. Se il Pd rinunciasse
all’appoggio degli alfaniani, sull’isola potrebbe ricomporsi una
coalizione di centrosinistra. In caso contrario, i bersaniani avranno un
alibi inattaccabile per aver scelto Fava e lo stesso Pisapia potrebbe
sfilarsi dalla contesa siciliana dopo aver fatto un tentativo, almeno
formale, per tenere insieme i pezzi della coalizione.
Lo scenario è
comunque irrealizzabile: il patto tra Renzi e Alfano ormai è chiuso, ed
è proiettato verso le prossime elezioni politiche. Ne sono convinti
anche i bersaniani: tra i termini dell’intesa, oltre ai posti in lista
per gli alfaniani al Senato, c’è la garanzia che la soglia di
sbarramento del 3% alla Camera, prevista dall’attuale legge elettorale,
non sarà ritoccata verso l’alto.