lunedì 4 settembre 2017

Il Fatto 4.9.17
“L’Onu è nei campi libici: i trafficanti vero nemico”
Minniti: “Sui diritti umani garantiti a chi non parte più mi gioco la faccia”
di Enrico Fierro


"Migranti a casa di chi?". Tema che appassiona e divide, lacera l'opinione pubblica. Sul palco della Versiliana, un ministro, Marco Minniti, a capo del Viminale da otto mesi, e due giornalisti, Milena Gabanelli e Furio Colombo. A mettere sul tappeto le questioni che infiammano piazze e dibattito politico, Stefano Feltri, vicedirettore del Fatto Quotidiano. Minniti non ci sta a passare come "il ministro di ferro", l'ex comunista tutto d'un pezzo e senza anima. "Sono per non perdere un millimetro della nostra umanità, ma non consentiamo ai trafficanti di carne umana di gestire il futuro delle nostre democrazie". È Furio Colombo a lanciare sul tavolo le carte più pesanti, senza nascondere amarezza e delusione. "Sono rimasto colpito dal fatto che il mondo cui appartengo e persone che stimo abbiano preso decisioni disumane". Il ministero dell'Interno parla dei numeri degli sbarchi, fortemente diminuiti rispetto all'anno scorso. Una contabilità che non convince Colombo: "Non possiamo dire che abbiamo meno sbarchi e meno morti, il problema è che gli immigrati, i profughi, sono stati fermati, sono da un'altra parte". Dove? In Libia. Paese diviso per bande, con un governo fragile. "Avete letto gli articoli e visto i filmati di chi è andato a vedere i campi profughi in Libia – replica l'editorialista del Fatto Quotidiano –, ora sapete in quale modo disumano vengono trattati. Non possiamo lasciare questa gente in mano a persone che sono peggiori dei trafficanti di uomini". "Sui campi profughi in Libia ci metto la faccia – risponde il ministro dell'Interno – e a Furio, che per me è stato sempre un riferimento, chiedo di essere severissimo se non mi impegnerò su quello che sto dicendo. Sui diritti umani mi gioco tutto". Minniti ricorda che la Libia non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra del 1951: "Ora abbiamo fatto questo passo avanti e organizzazioni come l'Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) e Unhcr (profughi e rifugiati) potranno entrare e controllare i campi profughi". Ma c'è tanto lavoro da fare, soprattutto "convincere i libici che il traffico di uomini non può essere l'unica fonte della loro economia, che non possono passare agli occhi del mondo come uno Stato canaglia". E allora gli incontri con i sindaci libici, i soldi, l'aiuto per "costruire un circuito economico alternativo". Integrazione e politica della paura. Milena Gabanelli, con articoli e uno scambio di idee e proposte col ministro dell'Interno, espone il suo "piano" partendo da una critica netta. "L'integrazione non passa da un sistema come è strutturato ora". Sull'Europa, dice la giornalista, premono 15 conflitti in Africa, una massa enorme di potenziali profughi che guarda all'Europa e all'Italia. Il fenomeno non si fermerà nei prossimi anni. Certo, il piano del governo sulla carta è bellissimo, ma nella realtà non va. Troppe le cooperative che gestiscono come un mestiere qualunque il tema delicato dell'integrazione". Gabanelli fa l'esempio della Germania ("sei mesi per l'identificazione, 500 mila profughi siriani accolti, corsi per imparare la lingua e le leggi del Paese"), mentre noi "spendiamo un sacco di soldi per vedere giovani immigrati passare mesi in piena inattività, gente che sparisce, parcheggi delle città piene di ragazzi che chiedono l'elemosina". La proposta è quella di riutilizzare le caserme dismesse, di applicare "la piccola integrazione sul territorio, dopo i corsi di lingua e di insegnamento delle regole, questioni che vanno gestite con grande competenza e pragmaticità". Quindi una grande agenzia pubblica, gestita dallo Stato in grado di coordinare l'intervento del volontariato. Minniti non è d'accordo e annuncia per fine settembre un "piano per l'integrazione". Immigrazione e voti. Furio Colombo: "Possiamo anche vincere le elezioni, ma i migranti sono le vittime di una seconda Shoah che si compie in silenzio". Minniti: "Il mio obiettivo non è lo 0-0,5% in più alle elezioni, su questi temi sono in ballo i diritti di chi è accolto e quelli di chi accoglie. Sull'immigrazione si giocano le prospettive del Paese".