Il Fatto 24.9.17
La polizia della Catalogna: “Non ubbidiamo a Madrid”
Il
governo centrale precetta i Mossos d’Esquadra per contrastare il
referendum indipendentista del 1° ottobre. E manda rinforzi a Barcellona
La polizia della Catalogna: “Non ubbidiamo a Madrid”
di Elena Marisol Brandolini
Ieri
il procuratore generale della Catalogna Romero de Tejada ha convocato
le polizie spagnole, Guardia Civil e Policia Nacional, la Guardia Urbana
di Barcellona e i Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, ordinando di
coordinarsi sotto il comando del ministero degli Interni. A partire
d’ora e fino a dopo il 1˚ ottobre, il controllo delle forze dell’ordine
in Catalogna passa dunque sotto la direzione del colonnello della
Guardia Civil Diego Péres de los Cobos, in un vero e proprio
commissariamento della polizia catalana e l’esautorazione del suo
comandante, il maggiore Trapero. Ma il governo della Generalitat non ci
sta e ha messo al lavoro i servizi giudiziari del dipartimento degli
Interni per predisporre il ricorso. Perché l’ordine sarebbe stato dato
sulla base della Legge dei Corpi e Forze di Sicurezza dello Stato,
secondo cui però la richiesta di rinforzi dovrebbe provenire dalla
Generalitat, cosa che non è avvenuta perché in Catalogna non c’è nessun
problema di ordine pubblico, le manifestazioni di questi giorni sono
state tutte pacifiche e di massa.
Ma soprattutto è Trapero a
rifiutarsi di accettare l’ordine e lo ha già fatto presente ai suoi; i
Mossos hanno infatti dichiarato “Continueremo a lavorare come finora:
esercitando le nostre competenze per garantire la sicurezza e l’ordine
pubblico ed essere al servizio del cittadino”. D’altronde, come dice
Montserrat Tura, ex-consigliera degli Interni nel governo di Pasqual
Maragall, “Il comando supremo dei Mossos corrisponde al governo della
Generalitat; lo dice lo Statuto d’Autonomia che è legge dello Stato”. È
come aver sospeso l’Autonomia catalana senza neppure passare per la
procedura parlamentare prevista dall’art. 155 della Costituzione
spagnola, sostiene la Generalitat.
In una settimana, si è passati
dall’entrata della polizia nelle redazioni dei giornali, la messa sotto
indagine di 750 sindaci, la proibizione di manifestazioni pubbliche, al
commissariamento delle finanze della Generalitat, l’entrata nei palazzi
del governo catalano, l’arresto di 14 persone e la perquisizione negli
appartamenti di alcune di queste, l’accusa di sedizione per le
mobilitazioni delle ultime ore a Barcellona senza alcun destinatario, ma
con la segnalazione di Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, presidenti
rispettivamente dell’Assemblea Nacional Catalana e di Òmnium Cultural.
Fino al colpo di mano di ieri sulla polizia catalana. Il giorno prima,
il governo catalano aveva cessato nell’incarico di direzione l’alto
funzionario della Generalitat Juvé, il vice di Junqueras detenuto lo
scorso mercoledì e quindi liberato assieme agli altri, per proteggerlo
dalla minaccia del Tribunal Constitucional di comminargli una pena di
12.000 euro al giorno. “Questa non è una battaglia dello Stato contro la
Generalitat – diceva il portavoce del governo Turull – È l’attitudine
di uno Stato del secolo XIX contro una società democratica del XXI
secolo”.
Gli studenti occupano le università e la campagna
referendaria continua. L’associazionismo indipendentista e il governo
catalano invitano la popolazione a mantenersi tranquilla, pacifica e
determinata.
Sono diverse migliaia gli effettivi della polizia
spagnola concentrati in Catalogna per impedire il referendum. Hanno
lasciato sguarnite le altre città, a Madrid ne è rimasto appena il 30%.
Alloggiano in navi da crociera attraccate nei porti di Barcellona e
Tarragona, dove gli scaricatori di porto hanno deciso di negar loro
assistenza. Una di queste navi, per l’ilarità generale, ha disegnate
sulla fiancata esterna i personaggi della Warner Bros, Gatto Silvestro,
Titti e Willy Coyote.