sabato 23 settembre 2017

Il Fatto 23.9.17
L’ex fiore all’occhiello della Ddr nuovo cuore nero dei tedeschi
Lipsia - La città era il centro culturale e industriale del regime comunista, dove la Merkel studiò e iniziò la carriera politica
Immigrati “raus” – Una manifestazione contro gli immigrati a Lipsia che accusa la cancelliera “islamica”
di Leonardo Coen

Non esiste luogo più emblematico di Lipsia, per decifrare la complessa personalità di Angela Merkel, che sul suo passato – i 35 anni vissuti nella defunta Germania Orientale prima della caduta del Muro – è abile a depistare tutti. Intanto, per buona pace degli xenofobi che voteranno domani l’Afd, il nome di Lipsia è di origine polacca, significa “dove vanno a stare i figli”. In secondo luogo, è stata la capitale culturale della defunta Germania Orientale, il fiore all’occhiello della scienza e della ricerca, la vetrina dei successi accademici che il regime di Pankow ostenta ai fratelli dell’Ovest. Ed è a Lipsia che la 19enne Angela arriva nel 1973 per iscriversi alla prestigiosa facoltà di Fisica. La precede una fama di studentessa estremamente intelligente, disciplinata e brillante. A 16 anni è stata premiata come migliore studentessa liceale di tutta la Ddr per la sua conoscenza del russo. Il professore di matematica era fiero di lei, la considerava la più preparata, destinata a grandi cose. Infatti eccola approdare all’organizzazione giovanile comunista del Sozialistische Einheitspartei Deutschlands (Sed), il Partito egemone di Unità Socialista tedesco-orientale, al potere dal 1949 sino alle elezioni politiche del 1990, le prime “libere” tenute all’Est, dopo la Caduta del Muro. Ed è in questa organizzazione che la giovane ambiziosa Merkel comincia il suo tirocinio di leader: perché ben presto occupa incarichi direttivi.
D’altra parte, “non si faceva carriera se non si aveva una buona opinione sul sistema scolastico del regime”, dice il professore Joachim Ackermann di Wittenberg che fu membro del ministero dell’Educazione Popolare (soppresso nel ’90). Senza dimenticare ch’era figlia d’un pastore luterano, ancorché ben visto dal regime tanto che veniva chiamato il “prete rosso”.
Ebbene, Angela si laurea col massimo dei voti nel 1978. Si butta sulla ricerca scientifica, si perfeziona a Mosca, lavora all’Accademia delle Scienze di Berlino-Est fino al 1990. Dimostra comunque d’essere molto brava e preparata. Allora, mi spiega la storica Christa Panzig che dirige l’Haus der Geschchte di Wittenberg (l’unico museo nell’ex-Ddr sul modo di vivere della popolazione dalla Prima guerra mondiale alla fine del regime comunista), “il 30% degli studenti disagiati frequentava l’università. Lo Stato si accollava i costi dei libri, le tasse accademiche erano appena 10 marchi l’anno. Oggi, solo il 2% degli studenti provenienti da famiglie di basso reddito riescono ad arrivare all’università.
I libri scolastici sono molto cari, non parliamo delle tasse…”. Gli internati studenteschi erano gratis, lo Stato dava una sorta di salario agli universitari, il talento era protetto. Oggi conta solo il portafoglio. Per consolarla, dico che succede lo stesso in Italia.
Come mai la Merkel, che pure ha vissuto e si è saputa ben destreggiare nel labirinto comunista scolastico, non interviene per rendere meno classista la scuola attuale? Perché è un argomento che non porta voti in più. E qui s’innesca una problematica trascurata dai media: il conflitto generazionale nei Land della Germania Orientale. La trasformazione degli anni Novanta ha profondamente marcato la generazione di coloro che si sono formati sotto la Repubblica Democratica e, successivamente, nella Germania riunificata. Questo disagio culturale è magistralmente raccontato da Sabine Rennefanz in un libro emblematico: Die Mutter meiner Mutter . Sabine aveva 15 anni quando la Cortina di ferro si sbriciola. La notte della Grande Svolta. Vennero poi gli anni del caos: “La gente dell’Est si è sentita spossessata e svilita. La Ddr era lontano dall’essere un paese perfetto ma era il solo che io conoscevo”. In queste parole, c’è il risentimento nei confronti della democrazia che la Merkel ha impersonato: ma come, sei stata una dei nostri e ci hai lasciato in balìa del potere economico, della globalizzazione, di un’Europa che ci trascura. E in effetti, fuori dal centro di Lipsia c’è un’aria dimessa. Quartieri dormitorio, case dell’edilizia popolare comunista, fabbriche dismesse. Le regole del gioco occidentale fanno tabula rasa. “Molti tedeschi dell’Est non si sono rimessi dalla perdita dei loro punti di riferimento. Vivono su un territorio vuoto, in collera contro tutto ciò che non comprendono”. Lo zero esistenziale.
Questa rabbia si rivolta contro la Cancelliera, contro i rifugiati, i migranti, gli omosessuali, contro l’Unione europea. L’identità multipla si frantuma. La memoria è strumentalizzata, come la nostalgia, alimento della destra più estrema, radicale e anti-berlinese. Lo leggi sui muri sbrecciati: scritte feroci, disperate. Una dice: “Non siamo che stupidi Ossis”, gli stupidi cittadini di serie B venuti dall’Est.