Il Fatto 18.9.17
Hamas si arrende, cede Gaza ad Al-Fatah e accetta le elezioni per la Palestina unita
Inevitabile - Scelta dettata dalla perdita di consensi nella Striscia per la stretta di Egitto, Israele e Anp
Hamas si arrende, cede Gaza ad Al-Fatah e accetta le elezioni per la Palestina unita
di Roberta Zunini
A
dieci anni esatti dalla guerra lampo tra Hamas e l’Autorità Nazionale
Palestinese, che diede il via al governo del movimento islamico
palestinese nella Striscia di Gaza, le autorità dell’enclave, spinte
dalle minacce egiziane, hanno dichiarato di essere pronte a smantellare
il comitato che governa la Striscia e ad accettare i rappresentanti del
governo di unità nazionale in attesa di nuove elezioni generali nei
Territori.
Le ultime consultazioni si erano tenute nel 2006. Il
gruppo islamista, che espulse fin da subito i rappresentanti del partito
rivale Al-Fatah (laico e su posizioni più dialoganti con Israele) si è
dichiarato disponibile a nuovi colloqui con il partito del presidente
dell’Anp Abu Mazen. Presidente che ha fatto sapere agli esponenti di
spicco di Fatah di esserne contento, ma che prima di tutto va
ricostruita la fiducia reciproca.
Si tratta di una considerazione
da leggere in filigrana: in realtà Abu Mazen sta posticipando le
elezioni da un lustro con il pretesto che non vi sono le condizioni a
causa proprio del dispotismo degli islamisti al governo della Striscia
che non lascerebbero liberi gli elettori di esprimere le proprie
preferenze. La verità è che teme la vittoria della fazione a lui avversa
all’interno del suo stesso partito, con rappresentanti più giovani e
carismatici. Anche la “clamorosa” decisione di Hamas non è dovuta a un
sussulto democratico, bensì dall’accerchiamento messo in atto non solo
da Israele, ma piuttosto dall’Egitto e dalla stessa Autorità Nazionale
Palestinese.
Da mesi , infatti, la popolarità di Hamas nella
Striscia sta precipitando vertiginosamente, perché i quasi due milioni
di abitanti ammassati in poche decine di chilometri vivono in condizioni
sempre più difficili a causa del blocco economico messo in atto da Abu
Mazen e dal presidente egiziano al Sisi. L’Anp non paga più il gasolio
per l’unica centrale elettrica di Gaza e pertanto lungo tutta la
Striscia c’è elettricità solo tre ore al giorno. Gli impianti di
depurazione rimasti in piedi dopo la guerra lampo di tre anni fa non
funzionano e c’è scarsità d’acqua.
A livello geopolitico, Hamas,
che è legata ai sunniti della Fratellanza Musulmana, ma è anche
sostenuta dagli sciiti iraniani e libanesi di Hezbollah. Non può far
altro che scendere a compromessi con l’Egitto che ha imposto per motivi
di sicurezza veri o presunti lo sbarramento della sua frontiera
meridionale dove passavano merci, persone e animali, fondamentali per la
sopravvivenza degli abitanti di Gaza. Ma il vero motivo
dell’imposizione-mediazione egiziana sarebbe da ricercarsi nel fatto che
l’Egitto di al Sisi ha messo fuorilegge la Fratellanza e condannato
all’ergastolo l’ex presidente Morsi, deposto quattro anni fa con un
golpe e suo massimo rappresentante nella terra dei Faraoni.
Dietro
il Cairo c’è la ben più potente Arabia Saudita con gli Emirati e il
Bahrain, che hanno messo in atto tre mesi fa il boicottaggio del Qatar,
paese guidato dalla Fratellanza Musulmana e sponsor, con la Turchia di
Erdogan, di Hamas. Non si può continuare ad accusare Israele di essere
lo strangolatore dell’organizzazione islamica finora signora e padrona
del destino di Gaza.