lunedì 18 settembre 2017

Il Fatto 18.9.17
L’assassinio di Noemi e il familismo esasperato che alimenta le tragedie
di Selvaggia Lucarelli

Cara Selvaggia, ti scrivo perché il caso dell’omicidio della giovane Noemi mi ha molto colpita. Anzi, mi ha sconvolta. Non tanto per l’efferatezza o la giovane età dei due ragazzi ma per le ostilità delle due famiglie dei due giovani fidanzati che anziché provare a parlarsi, si sono fatte reciprocamente la guerra, col finale che sappiamo. Mi ha sconvolta perché è capitato qualcosa di simile alla mia famiglia ormai sei anni fa. Ora è tutto finito ma io ho ancora i postumi della battaglia. Mia figlia ha conosciuto il suo primo fidanzato in terza media. All’inizio sembrava una storiella adolescenziale, lui veniva il sabato pomeriggio a casa nostra, al massimo un cinema insieme la domenica pomeriggio. Dopo due anni, quando frequentavano entrambi il secondo anno delle superiori, sono iniziati i problemi. Mia figlia, che è sempre stata una ragazzina carina ma magrolina e poco appariscente, è letteralmente sbocciata. Non perché è mia figlia, ma è diventata davvero bellissima. E naturalmente corteggiatissima. Ha cominciato a postare delle sue foto sui social, foto normali, ma molto apprezzate da amici e compagni di scuola.
Lui che era sempre parso un ragazzo tranquillo ed equilibrato ha iniziato a farle delle scenate di gelosia. Lo sentivo urlare al telefono, vedevo spesso mia figlia piangere, notavo che non pubblicava più sue foto su Facebook e se lo faceva e qualcuno le faceva un complimento lui interveniva seccato. Mia figlia stava perdendo la serenità. Io le dicevo di lasciarlo, lei diceva sí ma rimaneva insieme a lui, come schiava di quel gioco sadico e così poco sano. Poi sono iniziati gli schiaffi. L’ho scoperto una sera, vedendola tornare a casa con una guancia gonfia. Allora ho chiamato la madre di lui, raccontandogli cosa era successo. Da lì è iniziata la guerra. La sua famiglia ha cominciato a far girare voce che mia figlia fosse una mitomane e che lo provocasse, io ho fatto una segnalazione ai carabinieri (non ho avuto un marito a darmi una mano, purtroppo sono vedova da molti anni). Morale: i due ragazzi si vedevano di nascosto, ogni volta che uno di noi genitori lo scopriva rimproverava l’altra famiglia di non fare abbastanza per impedirlo, ci insultavamo e nel frattempo le scenate di lui contro mia figlia e i pianti andavano avanti.
Alla fine, dopo un altro anno di agonia in cui se mia figlia tardava a tornare anche solo 4 minuti io pensavo al peggio, ho accettato un trasferimento di lavoro a 350 km dalla mia cittadina. Sceneggiate, minacce di suicidio, preghiere disperate, ma alla fine mia figlia è dovuta partire con me e suo fratello. E piano piano, si è rifatta una vita nella nuova città. Lui l’ha cercata a lungo, è venuto due volte a trovarla accusandola di fare la puttana con le nuove conoscenze, ma alla fine erano ragazzini e per fortuna la distanza li ha allontanati. Per questo la storia di Noemi mi ha sconvolta. Perché al di là dell’amore malato tra due adolescenti, io e la famiglia del suo fidanzatino sadico e con molti problemi mentali, non siamo stati capaci di giocare dalla stessa parte del campo. Non abbiamo mai collaborato, non li abbiamo protetti, almeno finché io non ho deciso di portarla via. Mi sembra che a Specchia sia accaduta la stessa cosa. E non posso fare a meno di pensare che a essere Montecchi e Capuleti nel 2017, il rischio è quello che i morti, ancora una volta, possano essere i nostri figli.
Gaia
Credo che sì, la conflittualità tra le famiglie, nel caso di Specchia, abbia avuto un ruolo determinante. C’è poi da dire che quando le segnalazioni a forze dell’ordine e assistenti sociali cadono nel vuoto come nel caso citato, non solo non proteggono la vittima, ma creano un danno ulteriore: alimentano le ostilità tra i protagonisti e i comprimari. “Tu hai denunciato mio figlio, maledetta!”. Insomma, chi non interviene è responsabile due volte: per aver sottovalutato il pericolo e per averlo alimentato. Spero se ne tenga conto, in futuro.
Vittorio Feltri si prende gioco di noi, altro che rincoglionito
Ciao Selvaggia, ho letto il tuo attacco a Vittorio Feltri. Sono un lettore del Fatto da sempre e quindi ti parrà cosa chiara che non condivido nulla del suo pensiero e del suo stile. Come a te, anche a me certi titoli di Libero sembrano raccapriccianti, populisti e talvolta razzisti e ho anche protestato più volte inviando mail al giornale.
Però il tuo articolo mi è parso troppo ingenuo. Se davvero Feltri per te inizia a perdere colpi, se ti sembra un po’ andato, se ritieni che sia rincoglionito, mi dispiace dovertelo dire ma forse quella un po’ andata sei tu. Altro che andato. Feltri si sta prendendo gioco di tutti quelli come te. Tu immagini le riunioni di redazione in cui lui spara titoli a caso, io invece me lo immagino col ghigno satanico che dice: “Come li facciamo arrabbiare oggi?”. È furbo, non è rincoglionito. E tu, adorata Lucarelli, sei l’ennesima dimostrazione che lui ha ragione, perché sei furba pure tu e ti ha fregato. Ci caschiamo tutti. Dovreste diventare amici, altro che.
Gabriele
Amici? Ti rispondo con un titolo alla Libero: “Tu mi vuoi vedere morta!”.