Il Fatto 16.9.17
“Milena deve fare la sua battaglia. Per i cittadini”
Nel 2003 Viale Mazzini chiuse il suo programma “Raiot” perché scomodo
“Milena deve fare la sua battaglia. Per i cittadini”
di Gia. Ros.
Milena
Gabanelli si è auto sospesa dalla Rai perché il suo progetto di nuovo
sito web è stato depotenziato. Prima di lei altri personaggi hanno
dovuto combattere contro l’ostracismo di Viale Mazzini. Una di loro è
Sabina Guzzanti che, nel 2003, si è vista chiudere un programma, Raiot,
perché ritenuto scomodo.
Sabina Guzzanti, vede differenze tra le censure di allora e i comportamenti di oggi?
Quando
nel 2001 sono cominciate le censure in Rai, l’opinione pubblica reagiva
con forza. Il Paese pullulava di iniziative in difesa della libertà
d’espressione. Allo stesso tempo tra gli addetti ai lavori, sui giornali
e in televisione, l’atteggiamento era quello di minimizzare. Finché,
com’era prevedibile, dopo aver fatto sparire gli elementi vistosamente
scomodi, hanno fatto fuori anche quelli mediamente scomodi, poi quelli
che magari avrebbero potuto diventare scomodi.
Cosa pensa del caso Gabanelli?
Gabanelli
è una giornalista che stimo e a cui sono grata per l’ottimo lavoro. Se
posso avanzare una critica, mi sembra che anche lei si possa annoverare
tra quelli convinti di aver potuto lavorare in tv grazie a doti di
equilibrio. Report ha sempre trattato con competenza e coraggio temi
legati alle inefficienze, limitando al minimo argomenti più direttamente
politici. Io credo invece nella necessità di una critica più radicale,
anche su mafia e politica. Ora la Rai giustifica la marginalizzazione
della Gabanelli sul piano del risparmio, per la questione della nuova
testata informativa online. Il problema non sono i conti, ma il ruolo
della cultura e dell’informazione in tv.
Esiste un modo per allontanare la politica dalla Rai?
Nel
2005 giravo in piazza San Giovanni per raccogliere le firme per una
legge popolare per liberare la Rai dal controllo politico dopo la
brutale chiusura del mio programma. Pensavo che al concertone del Primo
maggio avrebbero firmato tutti e invece no, avevano paura. Molti
giornalisti famosi rispondevano: ‘Ho già dato’. Veltroni si dimostrò
sensibilissimo e poi scomparve. Questa stessa frustrazione devono averla
sentita tanti, prima e dopo di me, e continuerà così finché non accadrà
qualcosa che provochi una rivoluzione culturale in questo Paese.
Vede delle differenze tra la Rai berlusconiana e la Rai renziana?
La
Rai renziana è più triste di quella berlusconiana, così come quella
berlusconiana era più triste di quella democristiana. Dobbiamo
rimpiangere Berlusconi? È come dire “si stava meglio quando c’era Bin
Laden” perché l’Isis è più spaventoso di al Qaeda.
Vuole dare un consiglio a Milena?
Le
direi di dare battaglia, ma che sia una battaglia politica, che difenda
non solo i diritti dei giornalisti, ma il diritto dei cittadini a
partecipare, a ricevere stimoli, a essere trattati da esseri umani non
da polli in batteria.
Che stagione sta vivendo la tv pubblica? Come giudica la sua offerta televisiva?
Mi
piacciono Iacona, Blob, Report. Ma l’offerta per l’intrattenimento è
tarata su persone obbligate a stare a casa, come gli anziani. Contano su
un pubblico prigioniero. Per cambiare ci vuole un’idea condivisa su
cosa vorremmo fosse la società e la cultura. I discorsi sugli sprechi,
sui bilanci, ma arrivo a dire anche sulla legalità, non sono utili a
trovare una via d’uscita.