Il Fatto 15.9.17
I valorosi servi dello Stato e le due donne tentatrici
Indulgenza - Nessuno condanna la condotta dei carabinieri. Qualcuno spieghi perché sono ancora a piede libero
di Daniela Ranieri
Vorremmo
che uno bravo in codice penale ci spiegasse perché i due carabinieri
denunciati per stupro da due studentesse americane a Firenze non sono in
stato di fermo in galera, mentre i quattro africani (noti alle cronache
come “le belve di Rimini”) accusati dello stesso reato, sì. In tutta
evidenza, c’è ancora una possibilità che la versione fornita dai due
tutori dell’ordine – “le ragazze erano consenzienti” e “non ci eravamo
accorti che fossero ubriache” – possa rappresentare un’attenuante e non
un’aggravante del loro comportamento.
In una nota ufficiale, il
comandante generale dell’Arma dei carabinieri Tullio Del Sette ha
definito la condotta dei gendarmi – che si chiamano Marco Camuffo e
Pietro Costa – “un’onta grave per l’Arma”; come se non bastasse un
comandante generale indagato per rivelazione del segreto d’ufficio e
favoreggiamento (nei confronti del clan dell’allora presidente del
Consiglio Renzi). Ma, soprattutto, come se il danno più grave fosse
quello commesso contro la reputazione dei carabinieri e non contro due
giovani donne in stato di minorità fisica e psicologica; come se il
preteso stupro fosse solo un’infrazione da punire con una sospensione e
non un atto di violenza perpetrato al riparo della divisa.
A più
di una settimana dal doppio rapporto sessuale accertato (di cui uno
sulle scale di casa e uno in ascensore), non risulta che nessuno abbia
chiesto scusa alle vittime: né i due maschi incontinenti, né i
generaloni (nemmeno l’altro indagato con Del Sette e il ministro Lotti
per lo stesso reato, il comandante dei carabinieri in Toscana
Saltalamacchia), né il sindaco ereditario Nardella, che ha anzi
approfittato dello spiacevole episodio per fare una ramanzina agli
studenti gozzoviglianti di notte per le strade di Firenze (sottinteso:
poi non andate a lamentarvi se i carabinieri vi stuprano). Per una
concomitanza alchemica di cose, quindi, i due valorosi servitori dello
Stato sono tuttora a piede libero e nessuno li accomuna al regno
animale, nonostante abbiano ammesso i fatti dando però la colpa, come
tutti i vili dalla Bibbia in poi, alle donne tentatrici. Come se anche
soltanto abbandonare il servizio per abbordare due ragazze, usare l’auto
di servizio per accompagnarle a casa senza che ce ne fosse necessità
(non erano sobrie?) e sottoporle a un rapporto sessuale in seguito al
quale una delle due è svenuta, fosse tutto sommato una caduta di stile,
“una leggerezza” da farfalloni.
Il clima di indulgenza attorno a
questi due nostri nuovi marò non deriva soltanto dal loro essere maschi
caucasici, ma anche dal fatto che le due ragazze, come ha
perspicacemente rilevato Nardella, si erano date allo “sballo” nella sua
città priva di servizi notturni. Ne consegue che per una donna essere
violentata di notte sul pianerottolo di casa da quelli che dovrebbero
difenderla è meno grave che dai “marocchini stupratori” per strada o in
spiaggia.
In fondo, gli è andata bene. Stavolta i giornali non
hanno pubblicato i verbali coi dettagli delle violenze subìte, come ha
fatto Libero ai danni della donna polacca violentata a Rimini perché
fosse ben chiaro di cosa sono capaci le “belve disumane”. Salvini,
sempre pronto a invocare la castrazione chimica contro gli stupratori
stranieri, ha parlato di “vicenda molto strana”. Gli amici renziani dei
carabinieri a vario titolo indagati si confermano ultra-garantisti. Il
Costa ha riciclato la scusa che tante volte deve aver raccolto nei
verbali di stupri: “Sono state loro a invitarci, hanno insistito perché
salissimo a casa”… e l’uomo, si sa, è debole. E così due indagati, che
possono, loro sì, inquinare le prove, sono liberi come l’aria,
sostanzialmente protetti da pm, politica e forze dell’ordine, e delle
due vittime poco importa. Devono essere i famosi “nostri valori”.