Il Fatto 15.917
Dai postini ai magistrati. Madrid blocca la Catalogna
Al via la campagna per l’indipendenza tra nuove tensioni con il governo autonomista
Dai postini ai magistrati. Madrid blocca la Catalogna
di Elena Marisol Brandolini
La
notizia è arrivata nel tardo pomeriggio di ieri, poco prima
dell’apertura della campagna elettorale a Tarragona dei partiti e
movimenti indipendentisti per il referendum del 1° ottobre: c’è
l’accordo tra la sindaca di Barcellona Colau e la Generalitat per
consentire il voto ai barcellonesi in condizioni di normalità. Non ne
hanno svelato i dettagli per impedire l’intervento di giudici e polizia,
ma la soddisfazione è grande tra gli indipendentisti e la sinistra
sovranista dei Comuns.
Continua infatti l’escalation di iniziative
nella strategia del governo spagnolo per fermare il referendum
sull’indipendenza. L’atto di apertura della campagna referendaria di
Junts pel Sí e Cup è stato seguitissimo, alla presenza della presidente
del Parlamento catalano Forcadell e del presidente e vicepresidente
della Generalitat Puigdemont e Junqueras, organizzato dall’Assemblea
Nacional Catalana e Òmnium Cultural.
Fino all’ultimo l’incognita
era se la manifestazione si sarebbe potuta mantenere dopo le minacce del
delegato del governo spagnolo Millo, secondo cui sarebbero illegali
tutti gli atti collegati al referendum.
Tono molto duro da parte
della vicepresidente del governo spagnolo Sáenz de Santamaría che ha
insistito sul fatto che non ci sarà alcun referendum e che il dialogo è
impossibile a meno che Puigdemont non faccia marcia indietro su tutto.
Mentre
i 712 sindaci , rappresentanti il 75% dei primi cittadini catalani,
sono in attesa di ricevere la notificazione dalla procura generale a
presentarsi a dichiarare come indagati, una nuova dose di querele si è
abbattuta questa volta sulla sindaca di Vilanova i la Geltrú, presidente
dell’Associació de Municipis per la Independència, Lloveras e sul
presidente dell’Associació Catalana de Municipis, Buch; nonché sui 7
componenti della Giunta elettorale catalana.
Per ostacolare la
logistica del referendum, l’azienda pubblica delle poste, Correos, ha
trasmesso ai suoi impiegati in Catalogna una direttiva con l’ordine di
non inviare missive contenenti materiale referendario. Le 4 principali
associazioni di rappresentanza dei magistrati hanno invitato la
cittadinanza a disobbedire alla Generalitat, perché questa ha
deliberatamente attuato contro la legalità costituzionale. Per quanto
riguarda la politica spagnola, il leader di Podemos Iglesias ha
denuncianto che “re, governo, partiti monarchici e procura generale,
insieme, non proiettano la loro forza ma la loro debolezza e paura per
la democrazia”. Per poi insistere che “negoziare un referendum con
garanzie è la via più democratica”. Il Psoe, invece, ha sottolineato che
non bisogna partecipare ai tavoli elettorali per un referendum
illegale.
Puigdemont, in un’intervista sulla tv catalana, si è
riferito al giorno successivo il referendum, affermando che “il 2
ottobre, i politici del PP saranno inabilitati a gestire qualunque
risultato emerga dalla consultazione”. La Generalitat ha acquisito un
collaboratore d’eccezione nelle ultime ore: Julian Assange, confinato da
anni nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, l’aiuterà a proteggere la
nuova pagina web del referendum, dopo la chiusura per ordine giudiziario
di quella del governo.