venerdì 15 settembre 2017

Il Fatto 15.917
Dai postini ai magistrati. Madrid blocca la Catalogna
Al via la campagna per l’indipendenza tra nuove tensioni con il governo autonomista
Dai postini ai magistrati. Madrid blocca la Catalogna
di Elena Marisol Brandolini

La notizia è arrivata nel tardo pomeriggio di ieri, poco prima dell’apertura della campagna elettorale a Tarragona dei partiti e movimenti indipendentisti per il referendum del 1° ottobre: c’è l’accordo tra la sindaca di Barcellona Colau e la Generalitat per consentire il voto ai barcellonesi in condizioni di normalità. Non ne hanno svelato i dettagli per impedire l’intervento di giudici e polizia, ma la soddisfazione è grande tra gli indipendentisti e la sinistra sovranista dei Comuns.
Continua infatti l’escalation di iniziative nella strategia del governo spagnolo per fermare il referendum sull’indipendenza. L’atto di apertura della campagna referendaria di Junts pel Sí e Cup è stato seguitissimo, alla presenza della presidente del Parlamento catalano Forcadell e del presidente e vicepresidente della Generalitat Puigdemont e Junqueras, organizzato dall’Assemblea Nacional Catalana e Òmnium Cultural.
Fino all’ultimo l’incognita era se la manifestazione si sarebbe potuta mantenere dopo le minacce del delegato del governo spagnolo Millo, secondo cui sarebbero illegali tutti gli atti collegati al referendum.
Tono molto duro da parte della vicepresidente del governo spagnolo Sáenz de Santamaría che ha insistito sul fatto che non ci sarà alcun referendum e che il dialogo è impossibile a meno che Puigdemont non faccia marcia indietro su tutto.
Mentre i 712 sindaci , rappresentanti il 75% dei primi cittadini catalani, sono in attesa di ricevere la notificazione dalla procura generale a presentarsi a dichiarare come indagati, una nuova dose di querele si è abbattuta questa volta sulla sindaca di Vilanova i la Geltrú, presidente dell’Associació de Municipis per la Independència, Lloveras e sul presidente dell’Associació Catalana de Municipis, Buch; nonché sui 7 componenti della Giunta elettorale catalana.
Per ostacolare la logistica del referendum, l’azienda pubblica delle poste, Correos, ha trasmesso ai suoi impiegati in Catalogna una direttiva con l’ordine di non inviare missive contenenti materiale referendario. Le 4 principali associazioni di rappresentanza dei magistrati hanno invitato la cittadinanza a disobbedire alla Generalitat, perché questa ha deliberatamente attuato contro la legalità costituzionale. Per quanto riguarda la politica spagnola, il leader di Podemos Iglesias ha denuncianto che “re, governo, partiti monarchici e procura generale, insieme, non proiettano la loro forza ma la loro debolezza e paura per la democrazia”. Per poi insistere che “negoziare un referendum con garanzie è la via più democratica”. Il Psoe, invece, ha sottolineato che non bisogna partecipare ai tavoli elettorali per un referendum illegale.
Puigdemont, in un’intervista sulla tv catalana, si è riferito al giorno successivo il referendum, affermando che “il 2 ottobre, i politici del PP saranno inabilitati a gestire qualunque risultato emerga dalla consultazione”. La Generalitat ha acquisito un collaboratore d’eccezione nelle ultime ore: Julian Assange, confinato da anni nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, l’aiuterà a proteggere la nuova pagina web del referendum, dopo la chiusura per ordine giudiziario di quella del governo.