Il Fatto 11.9.17
“Strategia e alleanze? Continuiamo così e la sinistra non ne uscirà”
Massimo
Bray - “Su lavoro e Jobs act a Renzi serve un cambio: l’emergenza è la
disoccupazione. Vanno creati nuovi posti, non agevolare i licenziamenti”
di Luca De Carolis
“Se
continuiamo così la sinistra non ne uscirà. Manca una classe dirigente
capace di definire un’agenda politica e un’idea del Paese. Bisogna
ripartire dalla società, dalla cultura, dal volontariato, aprirsi
all’esterno. E lavorare per un centrosinistra unito”. Massimo Bray è il
direttore generale della Fondazione Treccani, ma è stato anche molto
altro: ministro dei Beni culturali con Enrico Letta e deputato, vicino a
Massimo D’Alema. Presiede la Fondazione per il libro, l’ente promotore
del Salone del Libro di Torino.
Bray, la sinistra italiana è più
frammentata che mai. Renzi da una parte, Pisapia ed Mdp che litigano
quasi ogni giorno. Un disastro, no?
Di certo non è con i
pretoriani di questo o di quel gruppo che si possono innovare la
politica e la società. La sinistra va riunita attorno a un programma e a
delle priorità comuni.
Lo scenario in Sicilia è davvero
pirandelliano. Renzi si è alleato con Alfano, Mdp no, e Pisapia ha
oscillato tra le due posizioni. Chi ha ragione?
Non si può
continuare a ragionare solo di strategia e alleanze. Queste cose
interessano solo agli addetti ai lavori, e fanno scappare gli elettori.
Andare o meno con Alfano non è indifferente.
Mi
rifiuto di ragionare di politica in questo modo. Prima i programmi e
sarà in quel momento, in base alle idee e alle scelte per il Paese, che
distingueremo una sinistra da una destra. La gente vuole risposte ai
problemi concreti, non alchimie tattiche.
Resta il fatto che l’ex sindaco di Milano tentenna parecchio. Come giudica il suo lavoro di “federatore” di questi mesi?
Apprezzo
la sua tenacia. E lo apprezzo quando dice che non si candiderà, perché
quello che gli interessa è costruire un centrosinistra che dia un futuro
a questo Paese, e nel quale ci siano il Pd assieme alle altre forze di
sinistra.
Pisapia ha bocciato il Jobs Act, Renzi ne ha fatto una bandiera. Come si fa a tenere assieme posizioni opposte?
Se
il nostro principale obiettivo diventa come mandare via chi lavora,
come vuole fare Macron in Francia con le sue riforme, non faremo passi
avanti. Dobbiamo affrontare una grande disoccupazione giovanile: serve
un cambio di rotta.
Dovrebbe convincere Renzi.
Il segretario
del Pd deve aprire un tavolo di confronto con tutte le parti sociali,
per ragionare sul futuro. È quello che ripete da tempo Pisapia, e che
sostengono anche esponenti del Pd come molte parti sociali. Dobbiamo
creare il lavoro, non agevolare i licenziamenti.
La sinistra ha promosso e votato le riforme nel segno della flessibilità, anche molto prima di Renzi.
Una
sinistra innamorata dalla globalizzazione e delle privatizzazioni. Va
ripensato il modello economico: in questi anni anche a sinistra abbiamo
pensato che la finanza fosse la chiave per risolvere i problemi. Ecco
perché il voto di protesta non è un voto populista, ma intercetta la
necessità di vedere rappresentati i propri bisogni di sicurezza, di
speranza, di futuro.
Intanto però un renziano di prima fila come
Matteo Richetti invoca un listone con Alfano e Pisapia, ma senza Bersani
e D’Alema, “perché loro vogliono solo dividere, non unire”.
Questi
tatticismi sono roba da vecchia politica, che non aiutano a costruire
il centrosinistra. Bersani e D’Alema rappresentano un pezzo importante
di storia della sinistra e della politica italiana. Si può anche
chiedere loro di fare un passo indietro, ma non è “rottamando” che si
risolvono i nodi politici.
Ma si possono risolvere allargando il
campo ? Alla Festa del FattoBersani ha di nuovo aperto ai 5Stelle:
“Abbiamo bisogno di loro, dobbiamo dialogare e confrontarci”. Concorda?
Nell’esperienza
per il Salone di Torino ho dialogato benissimo con la sindaca del M5S
Chiara Appendino, come con il governatore Sergio Chiamparino del Pd.
Assieme abbiamo dato voce agli editori, agli scrittori e ai lettori che
volevano tutelare un bene comune della città.
Quindi dialogare con i 5S…
È assolutamente possibile lavorare assieme a loro.
E con la sinistra fuori dei partiti, con i comitati del No? Tomaso Montanari, una delle loro voci, è stato un suo collaboratore.
Io
non penso che Tomaso abbia voglia di impegnarsi direttamente in
politica. È un docente e uno studioso apprezzato. Credo che voglia
continuare a fare il suo lavoro.
Resta il fatto che rappresenta un enorme bacino potenziale di voti…
Sono
donne e uomini da ascoltare se vogliamo ripensare la politica,
ripartendo dai temi della partecipazione e della cittadinanza. E i
partiti devono aprirsi alle esperienze nate dal basso.
Ma non è che i partiti sono definitivamente morti?
Non
lo so, anche se penso spesso a questo. Di certo devono cambiare,
profondamente. E lo ripeto, devono farsi contaminare, senza paura di
rinunciare a privilegi che li farebbero scomparire definitivamente.
Dia un giudizio sull’operato di Virginia Raggi come sindaco di Roma.
Ha
trovato la città in condizioni difficili. E lo stato dei trasporti o
della raccolta dei rifiuti non è colpa sua. Però per uscire da questa
situazione servono scelte coraggiose. Far capire ai cittadini che
abbiamo un’idea di come sarà Roma tra dieci anni. Bisogna ridare ai
romani l’orgoglio di vivere qui.
Lei fu a lungo in ballo per candidarsi in quelle Comunali che hanno eletto Raggi.
Non c’erano le condizioni. Scelsi di non candidarmi per non dividere la sinistra.
Ma ora Bray, lei si ricandiderà alle Politiche? E con chi?
Io
faccio un lavoro bellissimo, e voglio continuare a farlo. Continuerò a
impegnarmi per un centrosinistra unito, e per la cultura. Questo è
sufficiente.