lunedì 11 settembre 2017

Il Fatto 11.9.17
Il giorno che lessi “ebrei ai forni” su un muro a Milano
di Leonardo Coen

La memoria, scrisse Primo Levi, “è come il mare: può restituire brandelli di rottame a distanza di anni”. Passavo dalle parti di via Messina, oggi inglobata nella Chinatown meneghina, e mi è tornato in mente il giorno in cui, davanti a casa, sul muro che limitava una volta gli spazi di una grossa ditta di trasporti (oggi c’è un hotel a cinque stelle) qualcuno aveva pittato una grossa scritta: “Ebrei ai forni”. Ebbe un doloroso impatto, quella minaccia, su mio padre, vittima delle leggi razziali di Mussolini. Quel giorno ci raccontò – per la prima volta – come volevano deportarlo in un carro piombato diretto in Germania: “Eravamo stipati come bestie. Devastati dall’impotenza, dalla promiscuità, dalla paura che attanagliava la gola più della sete – eravamo lì dentro da ore e ore. Poi, un attacco aereo degli Alleati bloccò il convoglio dalle parti di Orte”. Mio padre scappò, con tanti altri. Se la cavò, arrampicandosi su di un albero, nel bosco vicino alla ferrovia, mentre i tedeschi rastrellavano la zona e uccidevano chi non era riuscito a dileguarsi.
L’intolleranza che ha armato nazismo e fascismo sta tornando, altro che balle: pure a Milano viviamo tempi bui, attraversati da odio, xenofobia e imbecillità importata dall’Italia dell’ignoranza che biechi demagoghi strumentalizzano per raccattare voti (vedi il caso vaccini, vedi la morte della bimba uccisa dalla malaria attribuita agli immigrati…). Per fortuna, qualcosa si fa per opporsi alla barbarie. Ieri si è appena concluso all’Arco della Pace il Festival Antirazzista dell’Abba Cup, in memoria di Abdoul William Guibre detto “Abba”, un giovane del Burkina Faso di 28 anni, massacrato a sprangate in via Zuretti il 14 settembre del 2008 da due baristi italiani – padre e figlio – che lo avevano accusato di aver rubato un pacchetto di biscotti, accusa peraltro mai dimostrata. Sport popolare, antirazzismo, meticciato, musica, socialità: una “soggettività nuova” di Milano, dove il 21 per cento della popolazione è di origine straniera e il 15 per cento è nato in Italia.