Il Fatto 1.9.17
Renzi calpesta lo Statuto: fa fuori Crocetta con i cavilli
Contro
le regole - Solo l’assemblea locale può evitare le primarie, ma non è
mai stata convocata. E la Commissione di garanzia tace
Renzi calpesta lo Statuto: fa fuori Crocetta con i cavilli
di Lorenzo Vendemiale
Il
Partito democratico viola il suo stesso statuto pur di non ricandidare
Rosario Crocetta. Qualcuno a Roma (ovvero Matteo Renzi) ha deciso che il
governatore non sarà l’uomo del centrosinistra alle prossime elezioni
Regionali in Sicilia. Impossibile, del resto, riproporre con lui
l’alleanza con Angelino Alfano che tanto sta a cuore al segretario dem.
Così
ecco l’investitura diretta per Fabrizio Micari, rettore di Palermo,
candidato civico, copertura ideale per l’accordo coi centristi. E fa
nulla che lo statuto regionale preveda le primarie con la ricandidatura
automatica del presidente uscente, e che la scelta di Micari sia
palesemente in contrasto anche con la normativa nazionale.
“Lo
Statuto prevede la ricandidatura del governatore uscente”, ha detto
Crocetta nella conferenza stampa di presentazione del suo manifesto
elettorale, denunciando il tentativo di “farlo fuori”. Un’accusa chiara,
rivolta a tutti i vertici del partito. E la Commissione di garanzia,
l’organo che dovrebbe vigilare sul rispetto delle regole interne, che
dice? Assolutamente nulla: “Noi ci pronunciamo solo se investiti
ufficialmente della questione, non sulla base di articoli o
dichiarazioni a mezzo stampa. E ad oggi non abbiamo ricevuto nulla”,
spiega Giovanni Bruno, avvocato palermitano, presidente dei Garanti
regionali. “E poi non prendiamoci in giro: il problema è politico e va
risolto politicamente, sarebbe ridicolo che si nascondessero dietro la
foglia di fico della commissione”.
In realtà, nello statuto
regionale sembra esserci poco da interpretare: l’articolo 24 chiarisce
che “il sindaco, il presidente di Provincia e il presidente della
Regione, quando iscritti al Pd Siciliano, sono candidati di diritto alle
elezioni primarie”. “Da presidente di un organo di garanzia non posso
esprimere la mia opinione”, precisa Bruno.
Anche dalla Commissione
nazionale preferiscono non commentare. “Di certo – aggiunge il garante
siciliano – su un eventuale procedimento giudicheremmo applicando due
fonti, lo statuto regionale ma soprattutto quello nazionale, che è ad
esso sovraordinato”. E qui le cose si complicano, perché il capitolo che
regola la “scelta delle candidature per le cariche istituzionali” è un
po’ più articolato.
Una maniera di far fuori Crocetta ci sarebbe
comunque. Grazie a un ragionamento degno del miglior azzeccagarbugli: il
governatore ha diritto a ricandidarsi alle primarie, certo, ma solo nel
caso in cui le primarie ci siano.
E qui viene in soccorso il
comma 4 dell’articolo 24, che sembra scritto apposta per consentire ai
vertici di fare un po’ come gli pare: “Si procede con le primarie – si
legge – a meno che la decisione di utilizzare un diverso metodo,
concordato con la coalizione, non sia approvata con il voto favorevole
dei tre quinti dei componenti dell’Assemblea del livello territoriale
corrispondente”.
Lo stesso statuto rinnega la consultazione aperta
e rimette tutto il potere nelle mani dei capi. Se solo non ci fosse un
piccolo dettaglio: quell’assemblea regionale dalla maggioranza
schiacciante in favore della candidatura unica di Micari, in Sicilia,
non è mai stata convocata.
Ad oggi tutto ciò che i vertici locali
hanno prodotto è una nota della segreteria provinciale, che rimanda la
decisione finale alla direzione regionale. Dell’assemblea neanche
l’ombra e il Pd resta “fuorilegge”. Renzi avrebbe anche potuto liberarsi
di Crocetta secondo le regole, ma evidentemente le regole nel partito
non interessano a nessuno.