sabato 9 settembre 2017

Corriere 9.9.17
Renzi su Mdp: colpa loro se si perde in Sicilia
A Taormina con Micari: non è un test nazionale. E ai suoi dice: Giuliano disse sì al modello Palermo
di Felice Cavallaro

TAORMINA La campagna siciliana di Matteo Renzi comincia dalla perla dove ha portato i grandi del G7. Operazione vincente. Come spera risulti il 5 novembre la candidatura di Fabrizio Micari, il rettore dell’università di Palermo arrivato anche lui a Taormina dieci minuti prima del segretario Pd nella hall di un albergo dove tanti giovani hanno fatto da cornice per la prima uscita del candidato di centrosinistra e per la prima foto di gruppo subito contrapposta a quella di Nello Musumeci, «circondato da esponenti dei vecchi governi Cuffaro e Lombardo».
Ma la due giorni sicula di Renzi non sembra sintonizzarsi solo sugli avversari naturali, Musumeci e i grillini di Giancarlo Cancelleri. Perché la questione che più brucia sembra il «fuoco amico», quello esploso dalle trincee per la verità non molto amiche di D’Alema e Bersani, di Claudio Fava e anche di Giuliano Pisapia. Evita riferimenti espliciti il segretario. Dribbla la questione parlando in sala della «competenza» di Micari, ma tuona quando si chiude in una stanza col rettore-candidato ed altri amici: «Con questa loro deriva rifondarola, se Micari vince risulteranno irrilevanti, se si perde saranno responsabili».
Forse si riferiva soprattutto ai satelliti anti Pd della sinistra anche quando metteva in guardia la platea: «Sbaglia chi utilizza la Sicilia per partite personali». E ancora: «La Sicilia non è una cavia e le elezioni regionali non sono uno stress-test». I suoi avversari diranno che, nel timore di perdere, Renzi cerca di sottrarre il voto del 5 novembre dal «tavolo nazionale». Ma insiste sull’idea di stracciare come una vecchia foto consunta l’immagine della Sicilia-laboratorio.
Pronto alla ricostruzione di quanto è accaduto finora con una stoccata a Pisapia: «Non voglio parlare di singole persone, ma D’Alema, Pisapia, altri faranno la loro battaglia nazionale. E io non voglio nemmeno parlarne perché questo è quello che loro vorrebbero».
E nel chiuso di quella stanza riecheggia la genesi della candidatura del rettore: «Espressione di un’area civica, individuata da Leoluca Orlando che ne ha parlato a Roma con i big della sinistra, presente Pisapia. E da quella riunione tutti uscirono consenzienti. A cominciare dai dirigenti del Pd che fecero un passo indietro. A cominciare da me, che convinsi l’amico Davide Faraone a rinunciare. Poi ognuno ha fatto le sue scelte...». Ovvio il richiamo alla presenza in coalizione di Angelino Alfano che stamane sarà in conferenza stampa a Palermo con Micari. E Renzi anche su questo respinge le critiche che arrivano non solo da Fava ma anche da Pisapia: «Durante quelle riunioni, si era parlato del “modello Palermo”. Così si arriva a Micari. E tutti erano d’accordo, condividendo la strategia di Orlando. Ma a Palermo nel centrosinistra di Orlando c’è Alfano. Lo scoprono ora?».