Corriere 9.9.17
Bersani nega il «fuoco amico»: con Pisapia ci vedremo presto
Gelo di D’Alema: chiedono all’ex sindaco se mi candiderà? Chiedano a me di lui
di Enrico Caiano
DAL NOSTRO INVIATO
TORINO
No, non lo accusate di «fuoco amico»: Pier Luigi Bersani, il giorno
dopo le parole spazientite di Giuliano Pisapia al Corriere sulla
sinistra dei distinguo e dei conflitti fine a sé stessi, è a Torino per
inaugurare la sede regionale e provinciale di Mdp-Articolo 1 nel
quartiere popolare Vanchiglia. Roba che più sinistra-sinistra non si
può.
Parla tra un centinaio di militanti dall’età media
abbondantemente in -anta (i trentenni o meno si contano sulle dita di
una mano) per cui il centro alfaniano è un ufo ma anche il Pd renziano è
lontanissimo nonostante proprio di fronte alla nuova sede ci sia un
circolo pd con tanto di intitolazione «nuovista» alla cantante africana
Miriam Makeba. «Sul fuoco amico Pisapia non pensava a noi, noi siamo
solo amici», precisa con un sorriso, annunciando che con l’ex sindaco si
vedranno la prossima settimana e che a unirli è «la forza delle cose,
siamo d’accordo sulle cose concrete, sul fatto che sia vergognoso non
cambiare la legge elettorale e che non fare lo ius soli è una pazzia.
Alle elezioni vogliamo andare con Pisapia ma non solo con lui: una
sinistra di governo, uno schieramento unito di ispirazione ulivista».
Dà
la colpa alla «metafisica delle sfumature e al politicismo» che
l’informazione propala, Bersani. Magari non sa che Massimo D’Alema
dell’intervista di Pisapia ha colto proprio il passaggio laterale in cui
non s’impegna su una sua candidatura alle Politiche: «Mi stupisco che
non si chieda piuttosto a D’Alema se candiderà Pisapia», è la battuta
che gli viene attribuita. Insomma, i rapporti tra i tanti leader e
aspiranti tali a sinistra del Pd qualche scricchiolio lo emettono se
anche un altro mdp, Enrico Rossi, avvisa l’ex sindaco di Milano che «il
dibattito sulla leadership Pisapia sì/Pisapia no ha già stancato
militanti e potenziali elettori». E non sarà fuoco amico, ma un bel
petardo di avvertimento sì, quello del 92enne Nerio Nesi, «neotesserato
del partito, venuto a salutare l’amico Bersani compagno di banco nel
secondo governo Amato: lui ai Trasporti, io ai Lavori pubblici». Con
Pisapia, Nesi uscì da Rifondazione per sostenere Prodi: «Allora faceva
politica. Oggi è bravo ma rivela i suoi limiti, è un po’ piacione. Al
Comune ha imparato quella frase banale “voglio essere il sindaco di
tutti” e la ripete. Ma la politica è altro». Nesi crede ancora che serva
«il cervello di D’Alema», ma ce n’è pure per lui: «È indubbiamente
anche un problema».
L’unico a voler unire resta Bersani, che nel
comizio improvvisato in un cortile su cui affacciano i panni stesi della
casa di ringhiera vecchia Torino, appena fuori dalla sede col perlinato
alle pareti, assicura che gli mdp non sono «gli scissionisti e
rancorosi che fanno vincere le destre» ma piuttosto quelli «che stanno
cercando di portare l’acqua con le orecchie al centrosinistra». Si dice
pronto a parlare con Renzi ma sulle sue sconfitte e le ricette
economiche va a testa bassa: si è «illuso di intercettare i voti della
destra senza sapere che quando è in difficoltà ti abbraccia come si fa
sul ring, si riposa e poi ti stende con un pugno»; ha proposto il «meno
tasse per tutti che io chiamo il maiale tutto di prosciutto». Anzi
questa metafora la aggiorna pure renzianamente: «Lo dico in inglese: win
win . Ma vuol sempre dire la stessa cosa: meno tasse per i ricchi e
meno welfare per tutti gli altri».