Corriere 8.9.17
Intervista a Pisapia
«Basta divisioni oppure lascio»
di Aldo Cazzullo
«Non
cerco ruoli. Basta fuoco amico o farò un passo indietro», dice Giuliano
Pisapia al Corriere . «No al listone con il Pd. In Sicilia niente
alleanza con Alfano. ”Insieme” non sarà un’operazione di ceto politico.
D’Alema? I candidati li decidono i garanti. Quand’era premier votai
contro la guerra in Kosovo e partii per i campi profughi. Minniti?
Tuteli i diritti umani in Libia».
Giuliano Pisapia, lei sette mesi
fa annunciava al Corriere la sua discesa in campo. Ha cambiato idea?
Sarà o no il leader della forza che dovrà pur nascere alla sinistra del
Pd?
«Oggi è ancora più necessario un soggetto politico di
centrosinistra, o sinistracentro, capace di assumere responsabilità di
governo e rispondere ai bisogni del Paese, dal lavoro alla povertà. Di
fare il leader non avevo nessuna intenzione. Me l’ha chiesto in
particolare Articolo 1 ai suoi più alti livelli. Non ho alcun interesse
personale, non cerco ruoli o poltrone».
Cos’è cambiato, allora?
«Più
che cambiate, diciamo che molte cose si sono aggravate. I 5 Stelle
dimostrano di avere difficoltà a individuare una classe dirigente, e
ogni giorno cambiano idea su quasi tutto. Il centrodestra si rintana su
posizioni sempre più estremiste e conservatrici. C’è ancora più bisogno
di un progetto responsabile, ampio e aperto di centrosinistra in grado
di diventare maggioranza. Non è il momento di accontentarsi di fare
testimonianza. Ma deve essere chiaro a tutti che possiamo vincere solo
se supereremo le divisioni fra noi. Io sono e resto in campo per questo,
per fare di tutto affinché una sintesi si trovi e il centrosinistra
vinca. Ma non ho nessun problema a fare un passo indietro o anche di
più. La mia professione, che si occupa di diritto e di diritti, continua
ad appassionarmi. Mentre proprio non mi appassiona la politica urlata,
l’insulto degli avversari e, ancor meno, il “fuoco amico”».
Ci
sono davvero le condizioni per far nascere Insieme, l’alleanza che
doveva unire le anime della sinistra che non si riconoscono nel
renzismo?
«Le condizioni ci sono nella società, nel sindacato,
nell’immensa prateria del volontariato laico e cattolico, nel mondo
dell’ambientalismo e del civismo, tra le persone che non hanno tessere
di partito. Poi, certo, quando la parola “insieme” diventa operazione di
ceto politico, le cose si complicano. Vorrei farle vedere la mia agenda
delle prossime settimane: mi invitano a confrontarmi nelle feste dei
partiti, delle associazioni, la Caritas e Sant’Egidio. Le assicuro che
non sono affatto solo a pensarla così. E voglio essere chiaro: il nuovo
soggetto politico alle elezioni non farà parte di un “listone”. Per
quanto mi riguarda, è offensivo ritenere che Campo progressista possa
accogliere un’eventuale richiesta di avere “nelle liste Pd alcuni posti
più o meno blindati”, come ha detto chi vuole far polemiche
strumentali».
C’è però l’ostacolo della Sicilia. Renzi e Alfano hanno candidato Micari. Bersani vuole Fava. Come se ne esce?
«Fin
dalla sua nascita Campo progressista ha fatto una scelta precisa: non
partecipare direttamente a elezioni comunali e regionali, ma appoggiare
candidati civici o espressione di una coalizione di centrosinistra. Ho
letto in queste settimane vere e proprie “fake news” su mie prese di
posizione che non ci sono mai state. Mi sono limitato ad ascoltare
alcuni sindaci siciliani. E tutti mi hanno confermato che una divisione
del centrosinistra rischia fortemente di portare a una sonora sconfitta.
Ecco perché nei giorni scorsi Campo progressista ha rivolto un appello a
Micari e Fava: vedetevi, parlatevi. Un ultimo, disperato tentativo.
Solo ora Alternativa popolare, che era profondamente divisa, si è
schierata con Micari, il quale avrebbe anche indicato un rappresentante
di quel partito come suo vicepresidente. Una “coalizione” non civica, né
tanto meno di centrosinistra, come era stato prospettato. Si poteva
fare di più per evitare una situazione che probabilmente, ma spero di
no, porterà in Sicilia alla vittoria delle destre o dei 5 stelle».
Quale dovrebbe essere secondo lei la legge elettorale?
«Il
Mattarellum potrebbe garantire governabilità e rappresentanza, oltre al
diritto dei cittadini a scegliere il proprio rappresentante».
Ma non ci sono i numeri in Parlamento.
«Personalmente
avrei tentato: ci sono state aperture anche da parte di chi era
contrario. Credo che ormai sia tardi per una nuova legge elettorale:
andremo alle elezioni con il Consultellum, di fatto proporzionale. Dopo
il voto ci potranno essere solo alleanze del tutto diverse, se non
opposte, da quelle su cui i partiti si sono impegnati in campagna
elettorale. Rispetto ai programmi su cui si è chiesto il voto ci saranno
compromessi ignobili, al ribasso. Un vero e proprio tradimento degli
elettori».
È impossibile quindi una coalizione di centrosinistra, che vada da lei ad Alfano?
«Gli
elettori chiedono chiarezza. Un accordo politico tra chi ha visioni
profondamente diverse, se non opposte, porta alla palude. Questa
maggioranza di governo è stata una necessità, ma guardare avanti
significa costruire un progetto coerente. Il Pd non è autosufficiente;
per questo ho sempre ritenuto che dovesse guardare a sinistra e non a
destra. Purtroppo sta avvenendo il contrario».
Con Bersani come va? E con D’Alema? Ogni tanto la punzecchia, le ricorda il suo passato in Rifondazione comunista.
«Abbiamo
un obiettivo comune: creare le condizioni perché il centrosinistra
possa governare il Paese. Non basta dire cose di sinistra, bisogna
essere capaci di farle. E per farle bisogna essere in maggioranza.
Questa è la sfida, quindi usciamo dal personalismo e dal politicismo.
Per quanto riguarda il mio passato di deputato indipendente in
Rifondazione, ricordo che dopo aver votato la fiducia a Prodi mi sono
astenuto sulla fiducia a D’Alema. Poi c’è stata la guerra in Kosovo e
io, dopo aver votato contro, sono andato a dare il mio aiuto in un campo
profughi».
Ma D’Alema in Parlamento lo candiderete?
«Per le
candidature — tutte — andranno individuati insieme criteri che tengano
conto del radicamento sui territori. E la giusta miscela tra la novità e
le esperienze. Per questa ragione ho chiesto che a valutare le
candidature siano anche dei garanti che non andranno in Parlamento».
Gentiloni è un buon presidente del Consiglio? La manovra che si profila la convince?
«Gentiloni
interpreta la leadership in modo molto sobrio e solido. È considerato
un interlocutore affidabile dai partner europei e mondiali. Ma la
manovra non è, e non può essere, un aut aut a scatola chiusa. Si può
trovare lo spazio per punti dirimenti: nuova occupazione e nuovi
investimenti, lotta alle diseguaglianze, mondo della scuola. È
importante che si faccia di tutto, ma davvero di tutto, per approvare
alcune leggi, tra cui lo ius soli temperato e il biotestamento. Perché
se vinceranno le destre non saranno mai approvate».
E Minniti?
Idranti nel centro di Roma, e la Brigata 48 in Libia contro i migranti:
questa stretta sta portando a una violazione dei diritti umani?
«Non
dimentichiamo che l’Italia ha salvato decine di migliaia di migranti
nel Mediterraneo. È vero che sono diminuiti gli sbarchi, ma non possiamo
ignorare le migliaia di profughi che sono nei campi libici in
condizioni disumane, sottoposti a torture e violenze. La tutela dei
diritti umani deve essere la nostra priorità. Dobbiamo creare le
condizioni per un controllo sovranazionale sui campi profughi in Libia.
Non è facile, ma non possiamo tacere».
Laura Boldrini è diventata una sorta di capro espiatorio nazionale, sui social infuria una campagna contro di lei.
«Frequento
poco la rete, capisco sia utile ma è anche un luogo pericoloso, che
deresponsabilizza le persone e le fa sentire libere di scrivere
qualunque infamia. A Laura, che è stata vittima di una vera e propria
barbarie, sono molto vicino. Condivido non solo la sua campagna per
rendere la rete un luogo di confronto civile, ma anche il suo impegno
per il rispetto dei diritti umani. La sua battaglia è la mia».
Da milanese che effetto le fa il ritorno di Berlusconi? Fuoco fatuo o resurrezione?
«È
la dimostrazione della debolezza del centrodestra e contemporaneamente
della sua forza. Per mantenere in vita il suo partito, Berlusconi è
costretto a fare scelte che in più occasioni ha dimostrato di non
condividere. Eppure, ricordando un protagonista di Carosello, intorno a
Ercolino sempre in piedi il centrodestra, pur di vincere, riesce a
essere unito».
Invece su di lei il Foglio titola: “Pisapia subisce ancora”.
«Preferisco
subisca una persona sola che tante. Perché quello che stiamo cercando
di fare non riguarda solo il futuro della sinistra ma anche, e
soprattutto, il futuro del nostro splendido Paese».
Riabbraccerebbe la Boschi?
«Certo».