Corriere 8.9.17
Tajani: cambiamo le regole di Dublino
di Paolo Valentino
Tajani: ora possono cambiare le regole di Dublino sui profughi.
«L
a sentenza della Corte di giustizia contro il ricorso dei Paesi di
Visegrad sul ricollocamento dei rifugiati — dice il presidente del
Parlamento europeo, Antonio Tajani — è molto positiva, perché conferma
sia la validità della posizione del Parlamento europeo che quella della
decisione per sé. Inoltre contiene un altro elemento importante,
spingendo verso il cambiamento del regolamento di Dublino. Il
dispositivo infatti riconosce l’emergenza profughi e dice che non si può
scaricarla interamente sulle spalle di pochi Paesi. Aggiunta alla presa
di posizione della cancelliera Angela Merkel e alla vigilia della
risoluzione che il Parlamento si appresta a prendere in ottobre, la
sentenza della Corte agevola la riforma di Dublino, che dovrà eliminare
la regola di tenere i rifugiati nello Stato di primo ingresso».
Ma l’accordo sui ricollocamenti scadrà comunque il 26 settembre. Cosa significa questo?
«Nulla
ai fini della procedura d’infrazione, che rimane in quanto riguarda la
fase precedente e, in assenza di fatti nuovi, porterà alla sanzione
contro i morosi. È un punto politico importante. Questi Paesi hanno
fatto venire meno la solidarietà verso Paesi come l’Italia, che si erano
prodigati quando volevano uscire dal giogo sovietico e dalle dittature
comuniste. Anche adesso continuiamo a sostenerli, con i fondi
strutturali europei, visto che sono beneficiari netti. Ma la solidarietà
non può essere a senso unico, altrimenti non ha senso stare
nell’Unione. Detto questo sono convinto che occorra aiutare anche
finanziariamente i Paesi come l’Ungheria a proteggere i confini esterni,
ma sono due cose completamente diverse. Ricordo poi che in questo caso
non si tratta di riallocare masse sterminate, parliamo di poche migliaia
di rifugiati legalmente riconosciuti, non di migranti economici. E in
condizioni di flessibilità, visto che possono fare richieste specifiche,
per esempio più gente che parli la loro lingua o l’inglese, o più donne
con bambini».
Tornando alla scadenza del 26 settembre, che come
dice lei non mette in discussione la procedura d’infrazione: l’accordo
verrà prorogato?
«Intanto ricordo che ci sono circa 4 mila
profughi in Italia e 2 mila in Grecia che potrebbero essere riallocati
domani mattina. Finora ne sono stati riallocati 28 mila su 160 mila.
Altri 6 mila non sarebbero la panacea, ma significherebbero un altro
piccolo passo in avanti. Certo sarebbe auspicabile che l’accordo venga
rinnovato e il commissario Avramopoulos spinge in questo senso».
L’Europarlamento sta lavorando sulla proposta della Commissione per riformare Dublino. A che punto siamo?
«Facciamo
la nostra parte. Stiamo modificando la proposta, anche in direzione
dell’interesse dell’Italia e dei Paesi con frontiere esterne».
In che senso?
«La
Commissione suggerisce che il ricollocamento scatti una volta raggiunto
il 150% della quota di rifugiati spettante a un determinato Paese. Noi
proponiamo invece che scatti prima, al 100%, cioè appena superato il
limite assegnato a un dato Paese. Nello stesso pacchetto dovremo anche
stabilire regole certe: le liste di Paesi di provenienza la cui
situazione giustifica la richiesta d’asilo devono essere omogenee, le
stesse per tutti. Per fare un esempio, se uno non può chiedere lo status
di rifugiato in Germania non deve poterlo fare neanche in Italia e in
nessun altro Paese della Ue. Non dovranno cioè ripetersi casi come
quello di Gorizia, dove un gruppo di rifugiati respinto da Austria e
Germania rimase parcheggiato nella speranza di essere accolto in Italia.
Voteremo in commissione il 12 ottobre e mi auguro che entro l’autunno
ci possa essere il voto definitivo dell’Assemblea. Sarà una spinta forte
verso il Consiglio dei ministri, che fin qui è rimasto fermo. Certo la
posizione di Angela Merkel, in favore della riforma, è un aiuto. Il 22
settembre ne parlerò anche col presidente Macron a Parigi».
Mercoledì
prossimo, il presidente della Commissione Juncker fa il discorso sullo
Stato dell’Unione davanti al Parlamento. L’ultima sua visita a
Strasburgo in luglio è stata burrascosa; trovandosi in un’Aula semivuota
disse: “Siete ridicoli”. Incidente chiuso? Cosa vi aspettate da lui?
«Proprio
oggi Juncker è venuto alla Conferenza dei presidenti dei gruppi
parlamentari insieme al vicepresidente Timmermans per anticipare le
linee del discorso. Mi sembra che l’atteggiamento nei confronti del
Parlamento sia di grande rispetto. L’incidente è chiuso. Io martedì
parlerò in Aula, per dire che il Parlamento deve diventare il luogo dove
si discute il futuro dell’Ue. Da Juncker aspettiamo messaggi positivi
soprattutto sull’economia reale, l’ambiente e il miglioramento delle
istituzioni per renderle più conformi alle istanze dei cittadini.
Aspettiamo anche indicazioni sulla Brexit, che comunque non è la
priorità assoluta. L’Europa va avanti anche se il Regno Unito decide di
uscire».
Sulla Brexit lei propone di posporre fino a dicembre l’esame del Consiglio europeo. Perché?
«In
assenza di proposte precise di Londra sui punti chiave, in primis il
destino dei 3,5 milioni di cittadini europei residenti nel Regno Unito,
non si può che rinviare l’esame».