giovedì 7 settembre 2017

Corriere 7.9.17
Dublino e sanzioni Ora cosa succede ?
di Ivo Caizzi

BRUXELLES La Commissione europea spera che la sentenza della Corte europea di giustizia sulle quote obbligatorie per il ricollocamento dei rifugiati dall’Italia e dalla Grecia possa convincere l’Ungheria e gli altri Paesi dell’Est, finora ostinatamente contrari, a condividere i principi comunitari di unità e di solidarietà su questo argomento molto delicato in politica interna. I primi tentativi di riapertura del dialogo con le capitali est-europee sono già partiti a livello istituzionale e politico. Per convincere il premier ungherese Viktor Orbán, capofila degli oppositori dell’Est, starebbe operando riservatamente un tentativo di mediazione anche il suo euro-partito dei popolari europei (Ppe), presieduto dal francese Joseph Daul e guidato a Bruxelles dall’eurodeputato tedesco Manfred Weber.
Procedure d’infrazione
Dopo aver preso atto delle prime dichiarazioni negative provenienti soprattutto da Budapest e da Varsavia, il commissario Ue per l’Immigrazione, il greco Dimitris Avramopoulos, ha anticipato che — in caso di mantenimento del rifiuto di accogliere i rifugiati — andranno avanti le specifiche procedure d’infrazione aperte nel giugno scorso dalla Commissione europea contro Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca.
In pratica il dossier passerebbe alla Corte europea di giustizia di Lussemburgo, che dovrebbe decidere le sanzioni contro i governi di Budapest, Varsavia e Praga: di fatto scontate dopo la decisione degli eurogiudici di respingere i ricorsi ungherese e slovacco.
La riforma del Trattato
Avramopoulos ha espresso la convinzione che la sentenza della Corte Ue di ieri possa anche rilanciare la riforma del Trattato di Dublino, che attualmente penalizza soprattutto Italia e Grecia perché assegna i profughi solo al primo Paese Ue di arrivo. Il governo di Roma ha ripetutamente chiesto di rivedere quell’accordo per trovare una soluzione strutturale all’eccessiva concentrazione di sbarchi sulle coste italiane. Ma negli ultimi Consigli dei capi di Stato e di governo il premier Paolo Gentiloni non ha trovato sufficienti consensi e si è scontrato con nette opposizioni (non solo di Paesi dell’Est). Avramopoulos ha ora annunciato una specifica proposta tecnica di riforma del Trattato di Dublino, che la sua Commissione europea dovrebbe rendere nota «entro fine anno».
Le frontiere interne
La ripartizione dei rifugiati tra i Paesi Ue e la forte riduzione negli sbarchi dal Mediterraneo dovrebbe eliminare nuove richieste di Germania, Austria, Svezia e Danimarca di estendere il ripristino dei controlli alle frontiere (in deroga all’accordo di Schengen di libera circolazione). Per Avramopoulos non è più «legalmente giustificabile» prolungare queste eccezioni concesse dopo l’esplosione dell’emergenza migranti. Ha poi annunciato che la Commissione europea «sta lavorando» a una proposta di modifica delle regole attuali.
L’obiettivo di Bruxelles, su sollecitazione di vari governi influenti, sarebbe di riconsiderare Schengen spostando l’attenzione sulle nuove esigenze imposte dalla lotta al terrorismo, che ormai si organizza e attacca su base internazionale. Le deroghe al principio di libera circolazione tra i Paesi membri potrebbero essere richieste qualora fosse necessario un maggiore controllo dei confini nazionali per evitare attentati dell’Isis come quelli verificatisi a Parigi e Bruxelles.