Corriere 7.9.17
Francesco celebra la pace in Colombia Il volo cambia rotta per la tempesta
L’arrivo del Papa a Bogotá. Domani l’incontro alla croce che ricorda tutte le vittime
di Gian Guido Vecchi
BOGOTÁ
(Colombia) «Demos el primer paso», facciamo il primo passo. L’immagine
di profilo del Papa in cammino si mostra già nei manifesti lungo il
percorso che dall’aeroporto lo conduce alla nunziatura di Bogotá.
Quindici chilometri, centinaia di migliaia di fedeli lungo le strade e
lo slogan del viaggio cui qualcuno ha aggiunto la conclusione implicita,
«hacia la reconciliación», verso la riconciliazione. Francesco è
arrivato ieri quando in Italia era già notte, nel pomeriggio colombiano,
accolto dal presidente Juan Manuel Santos. A causa dell’uragano Irma,
prima della partenza si è deciso di cambiare rotta e l’aereo del Papa,
anziché Porto Rico, ha sorvolato più a sud le Barbados e Trinidad e
Tobago. «Questo è un viaggio un po’ speciale, per aiutare la Colombia ad
andare avanti nel suo cammino di pace», spiegava in volo ai
giornalisti. «Vi chiedo una preghiera per questo. E anche per il
Venezuela, che sorvoleremo, perché si possa fare il dialogo e il Paese
trovi una bella stabilità, nel dialogo con tutti».
Bergoglio aveva
promesso che sarebbe andato in Colombia quando la pace fosse stata
«blindata». L’accordo firmato l’anno scorso tra il governo e le Farc, le
forze armate rivoluzionarie, ha posto fine a 54 anni di una guerra che
si stima abbia causato 260 mila morti, più di 60 mila dispersi e sette
milioni di sfollati e rifugiati. Ma la pace è fragile, le ferite ancora
aperte. Da oggi e fino a domenica il Papa si sposterà da Bogotá a
Villavicencio, Medellín e Cartagena per sostenere una «reconciliación»
assai difficile, come ha dimostrato il referendum popolare che bocciò il
primo testo dell’accordo. Famiglie decimate, beni trafugati, violenze,
torture. «La pace è quella che la Colombia cerca e per il cui
conseguimento lavora da molto tempo», ha detto Francesco in un
videomessaggio ai colombiani registrato alla vigilia della partenza.
«Una pace stabile, duratura, perché possiamo vederci e trattarci come
fratelli, non come nemici». Il Vaticano ha seguito da vicino, con
discrezione, i tre anni di trattativa a Cuba. Alla firma dell’accordo di
pace, l’anno scorso, era presente il Segretario di Stato vaticano,
Pietro Parolin: «La missione fondamentale della Chiesa, in questo
momento, è quella di favorire la riconciliazione», ha spiegato il
cardinale. Oggi (giovedì) pomeriggio, a tarda sera in Italia, alla messa
nel parco Simón Bolivár sono attesi almeno settecentomila fedeli.
Prima, gli incontri con il presidente, le autorità, i vescovi. A
Villavicencio, venerdì, l’appuntamento più atteso: il «grande incontro
per la riconciliazione nazionale», davanti ad una Croce che ricorda il
numero di vittime di sequestri, assassini e mine antiuomo, con la
partecipazione di vittime ed ex guerriglieri. Sabato, a Medellín,
l’incontro con seminaristi e religiosi, la visita ad una casa famiglia
dove sono ricoverati diversi bambini con malattie gravi; ed infine,
domenica, la messa a Cartagena e la visita alla casa di san Pietro
Claver, il gesuita spagnolo del Seicento che difese i diritti degli
schiavi: una giornata dedicata ai diritti umani. Nel telegramma inviato
al presidente del Venezuela Nicolás Maduro, com’è consuetudine per i
Paesi sorvolati dal volo papale, Francesco prega perché, «tutti, nella
nazione, possano promuovere percorsi di solidarietà, giustizia e
concordia». Le parole che dirà in Colombia saranno anche il segno di una
preoccupazione più ampia per il pianeta diviso dalla «terza guerra
mondiale a pezzi». La settimana scorsa, in un’udienza ai leader
religiosi coreani, il Papa ha invitato ad «incarnare uno stile
nonviolento, di pace, con parole che si differenzino dalla narrativa
della paura e gesti che si oppongano alla retorica dell’odio».