Corriere 6.9.17
Trump cancella il sogno dei migranti
di Giuseppe Sarcina
Si
spezza il sogno americano di migliaia di giovani immigrati giunti
illegalmente negli Usa. Il presidente Trump ha avviato lo smantellamento
del programma che li proteggeva dall’espulsione e consentiva loro di
lavorare con permessi temporanei. Molte le voci critiche, da Barack
Obama ai giganti dell’ hi-tech .
WASHINGTON Dal sogno
all’incubo. Circa 800 mila giovani rischiano di essere espulsi dagli
Stati Uniti il 5 marzo 2018, quando scadrà la copertura legale del
programma Daca, «Deferred action for childhood arrivals».
Ieri il
ministro della Giustizia Jeff Sessions ha annunciato che il
provvedimento emanato da Barack Obama nel giugno del 2012 è «abrogato».
La norma protegge le persone entrate illegalmente negli Stati Uniti,
quando erano bambini con meno di 16 anni. A loro viene garantita la
possibilità di «vivere il sogno americano». Nel concreto significa
ottenere un permesso di lavoro valido due anni (rinnovabile), a patto di
soddisfare sette requisiti, tra i quali: avere avuto meno di 31 anni
nel giugno del 2012; risiedere negli Usa dal giugno 2007; frequentare o
aver frequentato le scuole.
La decisione è stata annunciata con un
tweet da Donald Trump: «Congresso, preparati a fare il tuo
lavoro-Daca». Camera dei Rappresentanti e Senato hanno sei mesi di tempo
per elaborare un altro schema di tutele. Se non si troverà un accordo, i
«sognatori» verranno spediti nei Paesi di origine.
Il presidente
dice di aver tenuto fede a un impegno preso nella campagna elettorale.
Sessions mette in bella copia le motivazioni. La prima è giuridica: «Il
potere esecutivo aveva agito in modo unilaterale, creando grande
incertezza sul piano legale». La seconda, di merito: «La nazione deve
poter fissare il limite di quanti immigrati accettare ogni anno e questo
significa che non tutti possono essere ammessi».
Lo stesso Obama replica con un lungo post su Facebook: «È una scelta sbagliata, autolesionista, crudele».
Da oggi, dunque, gli uffici amministrativi non accetteranno altre domande, ma la situazione non è affatto chiara.
Nei
giorni scorsi i procuratori generali di dieci Stati hanno minacciato il
ricorso alla Corte Suprema contro il Daca. Nello stesso tempo Trump ha
ricevuto l’appello «a favore dei dreamer s», firmato dai manager di
General Motors, Hewlett Packard, Wells Fargo e Marriott. Il New York
Times segnala il calcolo di Mark Zandi, capo economista di Moody’s
Analitics: a questo punto il Prodotto interno degli Stati Uniti potrebbe
diminuire di 105 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni.
È
una vicenda in cui si mescolano interessi materiali, memoria, identità.
Il fronte anti Trump tiene insieme l’ex ministro della Difesa, il
democratico Leon Panetta, figlio di immigrati italiani, e Mark
Zuckerberg, fondatore di Facebook, che sceglie più o meno le stesse
parole di Obama: «giornata triste e crudele per l’America».
Il
presidente afroamericano si misurò nel 2012 con il problema forse più
difficile. Il 5 giugno 2012, durante le elezioni, trovò l’ufficio di
Denver, in Colorado, occupato da un sit-in contro la sua politica
migratoria. Il 15 annunciò la nascita dello «scudo per i figli degli
irregolari».
Anche ieri c’è stata una manifestazione di protesta:
due-trecento attivisti si sono radunati davanti alla Casa Bianca. Ma per
Trump quelle voci non contano: il presidente guarda alla sua base
elettorale, rocciosa e ostile con gli stranieri. Ancora una volta, però,
l’operazione è parziale. Come è successo con l’Obamacare, The Donald
distrugge, ma non offre soluzioni alternative. I consiglieri dello
Studio Ovale sono divisi, i repubblicani, se possibile, ancora più
confusi. E l’agenda parlamentare di settembre è già disseminata di
trappole: dalla discussione sul tetto del debito alla riforma fiscale.