Corriere 6.9.17
Chi si rafforzerà con la crisi? I mercati puntano su Pechino (che in Borsa sbaraglia tutti)
di Federico Fubini
Nel
1909 lo statistico inglese Francis Galton trasse da una fiera di
campagna una lezione che ancora oggi vale per la crisi nordcoreana. A
quella sagra venne chiesto a ottocento avventori di indovinare il peso
di un bue; fallirono tutti, eppure la media delle risposte si rivelò
praticamente perfetta. È quella che lo scrittore newyorkese James
Surowiecki chiama la «saggezza delle folle»: la capacità di una
moltitudine di persone, una volta messe insieme, di indicare nel
complesso qualcosa che nessuna di loro singolarmente conosce.
Se
la «saggezza delle folle» conta qualcosa, essa oggi dice che la Cina
emergerà più forte dalle tensioni attorno al regime di Pyongyang e si
dimostrerà l’attore decisivo nel superarle. Questo è l’esito che i
mercati finanziari sembrano prevedere da quando, all’inizio di agosto,
la Corea del Nord è entrata nel radar di milioni di investitori in tutto
il mondo. Poiché in queste settimane le minacce di Kim Jong-un sono il
principale fattore di guida dei mercati, il primo segnale sugli sbocchi
possibili viene proprio dall’andamento dei listini. Gli operatori
sembrano vedere nella Cina l’unica potenza indenne, malgrado i venti di
guerra che spirano dal suo confine con la Corea del Nord. Nell’ultimo
mese lo Shanghai Composite, l’indice principale delle aziende della
seconda economia del mondo, è salito del 3,2%; soprattutto, ha fatto
meglio del S&P 500 di New York di quasi il 4%, meglio dello
Eurostoxx50 europeo di circa il 5% e molto meglio del Kospi di Seul o
del Nikkei 225 di Tokyo (surclassati del 6%).
Di per sé la tenuta
della Borsa di Shanghai potrebbe non rivelare molto; dopotutto, è
riservata principalmente a capitali che si muovono solo all’interno
della Repubblica popolare. Eppure la tendenza della piazza cinese a
reagire meglio degli altri grandi mercati si conferma in tutti i punti
di snodo di questa crisi geopolitica estiva. Tre eventi in particolare
hanno scosso gli indici azionari di recente: la notizia dell’8 agosto di
nuovi progressi di Pyongyang nei missili a lunga gittata e la reazione
del presidente americano Donald Trump («fuoco e fiamme» sulla Corea del
Nord); il lancio di un missile di Kim a sorvolare il Giappone il 28
agosto; e il test di una bomba all’idrogeno, che ha prodotto una scossa
sismica nella penisola coreana domenica scorsa. Come mostra il grafico
in pagina, in tutte e tre le occasioni le Borse negli Stati Uniti, in
Europa, a Seul e in Giappone hanno prevedibilmente reagito con
incertezze e cadute. Invece nelle tre occasioni, la Borsa di Shanghai ha
fatto molto meglio e in due casi ha persino guadagnato terreno.
Milioni
di investitori sembrano pensare, nel complesso, che la Cina emergerà
vincente da questa crisi. La sua influenza in Asia crescerà. Molti
analisti pensano che solo Pechino possa forzare o indurre un compromesso
in Corea del Nord, tramite un’invasione o un accordo con l’esercito di
Pyongyang. Del resto a volte la saggezza delle folle, letta nei listini
di Borsa, non sbaglia: fra il 2009 e il 2011 una crescita del 90% del
Dax di Francoforte — il doppio delle medie europee — aveva già segnalato
che la Germania si sarebbe imposta come l’egemone del continente negli
anni successivi. La razionalità collettiva espressa nei mercati, a
volte, indovina in anticipo persino il peso geopolitico di un bue.